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Le tradizioni di una grande festa

– Parte 2

L’Albero di Natale

L’Albero di Natale

È uno dei simboli più noti di questa festa; generalmente è una conifera sempreverde come un pino o un abete, decorata con palline colorate, lucine, nastri, festoni ecc., e a volte anche con piccoli dolciumi e frutti. L’origine di questa usanza sembra risalire al 16° secolo in Germania, basandosi su tradizioni preesistenti, prima pagane e poi cristiane. Originariamente, l’abete era l’albero sacro al potente dio nordico Odino, considerato quasi “magico” perché manteneva le sue foglie aghiformi anche in inverno, rimanendo sempreverde; per il Solstizio d’Inverno, veniva tagliato dal bosco, portato in casa e decorato con piccoli frutti per augurare il ritorno della fertilità a primavera. Analogamente, gli Antichi Romani decoravano le loro case con rami di pino per le Calende di Gennaio, celebrate durante i precedenti Saturnali.

Con il suo significato di rinascita della vita dopo l’inverno, questo albero è stato presto associato alla figura salvifica di Gesù Cristo. Le candeline poste fra i suoi rami, oggi sostituite da piccole luci elettriche, simboleggiano la luce e la speranza portate da lui nel mondo; mentre sulla punta è spesso presente un puntale o una stella, rappresentando la stella cometa apparsa nel cielo di Betlemme alla sua nascita.

Il Presepe

Chiamato anche “Presepio”, è la rappresentazione della Natività di Gesù e del suo contesto, realizzata durante il periodo natalizio nelle case private e nelle chiese mediante statuine, muschio, cartapesta e altri materiali. È una tradizione cristiana tutta italiana, diffusasi poi nei paesi cattolici del mondo.

Il nome deriva dal latino “praesaepe”, che significa “greppia”, “mangiatoia”, ma anche un recinto chiuso per pecore e capre (composta da “prae”, “innanzi”, e “saepe”, “recinto”), indicando il luogo dove fu adagiato il piccolo Gesù. Immancabili sono le figure di Maria e Giuseppe, degli Angeli, del Bue e dell’Asinello, dei pastori e dei Re Magi, cui si possono aggiungere una varietà di altri personaggi, talvolta anche contemporanei, come nelle ricche versioni dei presepi napoletani.

Particolari sono i “Presepi Viventi”, rappresentazioni teatrali della Natività con figuranti e animali reali; questa tradizione sembra essere iniziata nel Medioevo, e il primo noto nella storia fu quello organizzato da San Francesco d’Assisi nel 1223 a Greccio, vicino a Rieti, in Lazio.

Il Cibo

La Cena della Vigilia del 24 e il Pranzo di Natale del 25 dicembre sono tipici della tradizione natalizia e solitamente riuniscono tutta la famiglia. I piatti variano da paese a paese. In generale, la tradizione britannica prevede un piatto a base di carne arrosto di oca, tacchino o altro grosso volatile come portata principale, seguito da sugo, patate, verdure, e come dessert il Christmas Pudding o la mince pie, una tortina ripiena di frutta secca, spezie, strutto e liquore, o il Christmas Cake. In Italia, troviamo lo zampone e il cotechino tra le pietanze più note, e il Panettone, il Pandoro, il Panforte, il torrone e il Ceppo di Natale come dolci. La Cena della Vigilia, spesso “di magro”, è caratterizzata dal pesce: in Sicilia ne vengono serviti ben 12 tipi!

E così giungiamo al culmine del periodo natalizio e all’inizio del Nuovo Anno, l’Epifania, che secondo un noto detto popolare “tutte le feste si porta via”. Ma di essa, essendo un argomento piuttosto complesso, parleremo in un prossimo articolo… Dunque, Buone Feste a tutti!

Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.

Le tradizioni di una grande Festa

– Parte 1

Che cosa si festeggia a Natale? Lo dice la parola stessa: una nascita; e, nello specifico, quella di Gesù, che secondo la religione cristiana è venuto a portarci la Luce, quella che vince le “tenebre”, il Male, mediante la sua parola e, in seguito, tramite la sua morte e resurrezione; queste ultime, però, vengono celebrate più avanti con la Pasqua.

Ma ora, con il Natale, è venuto il momento di ricordare il giorno in cui egli venne al mondo, come tutti i bambini, dal corpo di una donna, che doveva essere assai giovane, accompagnata dal marito. In una notte, durante la quale i due genitori, probabilmente, dovettero sentirsi piuttosto “disperati”, poiché, in condizioni di necessità, non trovavano un posto adeguato per far nascere il loro bambino. Alla fine si accontentarono di una stalla o forse di una grotta adibita allo stesso scopo di ricovero per gli animali, e il piccolo nacque e, per tenerlo al caldo, fu probabilmente adagiato sulla paglia o sul fieno di una mangiatoia. In seguito, pare che molte persone, avendo appreso in qualche modo questa notizia, vennero a fargli visita, primi fra tutti alcuni pastori che pascolavano le loro pecore nelle vicinanze, e poi anche, addirittura, certi notevoli signori provenienti da lontano, dall’Oriente, i Re Magi, recanti con sé preziosi doni; e pare che, per orientarsi e trovare il posto, avessero seguito la luce di una stella cometa, apparsa in cielo in quelle notti…

Ma perché questo giorno o la sera precedente, detta della Vigilia, per festeggiarlo ci scambiamo dei regali, e diciamo ai nostri bambini, finché hanno l’età per crederlo, che a portare loro questi doni sarebbe una sorta di magico vecchio dalla barba bianca e piuttosto corpulento, vestito con pesanti abiti di colore rosso, tipici dell’inverno? E perché addobbiamo l’“Albero di Natale” e decoriamo le nostre case e città?

Qui di seguito cerchiamo di rispondere a queste domande, illustrando le principali tradizioni che caratterizzano questa festa, considerata così importante in buona parte del mondo…

La Data

Per quanto riguarda la tradizione cristiana, nonostante non si conosca la data precisa della nascita di Gesù, e nei primi tre secoli questa non venisse festeggiata, verso la metà del 4° secolo fu stabilito il 25 dicembre, probabilmente per farla coincidere con quella in cui molti Romani celebravano all’epoca il “Sol Invictus”, cioè “il dio del sole invincibile”. Come successe spesso, infatti, le feste cristiane si sovrapposero a precedenti festività pagane, e la religione cristiana, ormai diffusa, fece sì che la figura di Gesù, ritenuto anch’egli “portatore di Luce” come questa divinità, la sostituisse completamente.

Lo Scambio dei Regali

L’origine di questa intensa attività natalizia sembra essere pagana, propria degli antichi Romani. Tra il 17 e il 23 dicembre, festeggiavano i “Saturnali”, in onore di Saturno, dio dell’agricoltura e della semina, con festosi banchetti, in cui l’ordine sociale prestabilito si sovvertiva, anche se solo per quel periodo festivo, e i padroni servivano gli schiavi. Inoltre, si scambiavano piccoli doni simbolici, nonché auguri per una prossima buona riuscita dei raccolti. Tale scambio avveniva similmente anche nei paesi del Nord Europa, sempre per celebrare il Solstizio d’Inverno. Fu tuttavia con la “mediazione” dei Re Magi che il simbolo del “dono” divenne così importante nel Cristianesimo, il cui significato rimanda infatti all’interscambio di Amore fra Dio e gli Esseri Umani. Per quanto riguarda l’aspetto più concreto della tradizione natalizia, i doni sono associati anche alla figura di San Nicola: ed è qui che entra in gioco quella di Babbo Natale…

Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.

Il caso del bambino “plus-dotato” di Cosenza, lasciato solo in classe

La storia avvenuta in provincia di Cosenza, in Calabria, è una vicenda triste che potrebbe minare la fiducia nell’istituzione scolastica italiana. In una società giusta, la scuola dovrebbe rappresentare un luogo di accoglienza per ogni bambino, subito dopo la famiglia. Ogni bambino dovrebbe trovare sostegno, motivazione alla conoscenza e scoperta, nonché apprendimento di regole comportamentali – questo vale anche per i bambini in condizioni di disabilità o semplicemente “diversi”. Tuttavia, per un bambino di 8 anni “plus-dotato” di Cosenza, la situazione è stata ben diversa.

L’iperattività fisica e intellettiva del bambino ha causato solo disturbo e irritazione in una docente, la quale ha incitato un vergognoso “ammutinamento” tra i genitori dei compagni di classe. Questi hanno deciso di non mandare i propri figli a scuola il 18 novembre, che avrebbe dovuto essere il primo giorno del bambino in quella classe, a seguito di un cambio di sezione dovuto a precedenti incomprensioni con altri insegnanti. Così, il bambino si è ritrovato da solo in classe, senza compagni, nonostante avesse partecipato con entusiasmo a un piccolo concerto musicale durante la “festa dell’accoglienza”.

La docente ha continuato a sostenere che il bambino fosse “disabile e fastidioso”, necessitando di un insegnante di sostegno. Tuttavia, la madre ha spiegato che la sua “plus-dotazione” non era stata considerata come una disabilità. Invece di valorizzare l’intelligenza del bambino, la scuola l’ha interpretata come un “ritardo”, nonostante il bambino parlasse fluentemente due lingue, suonasse abilmente strumenti mai provati prima e fosse veloce nei calcoli, a soli 8 anni.

Il piccolo ha sofferto molto per questa situazione. Inizialmente, credeva che tutti i suoi nuovi compagni fossero assenti a causa della febbre, ma poi ha realizzato di essere stato escluso, iniziando a colpevolizzarsi. Di conseguenza, la madre ha deciso di cambiargli scuola e ha presentato denuncia contro l’istituto. Il Ministro dell’Istruzione Valditara ha inviato ispettori per verificare la situazione e prendere eventuali provvedimenti.

L’aspetto più grave di questa vicenda è l’immaturità e la malvagità dimostrate dalla docente e dai genitori dei compagni di classe, che hanno scelto di escludere un bambino, coinvolgendo anche i propri figli e dando loro un pessimo esempio. Questo “rifiuto” potrebbe lasciare una ferita profonda nell’animo del ragazzo.

Problematiche simili non sono di facile soluzione, ma sarebbe auspicabile che la scuola formasse adeguatamente gli “insegnanti di sostegno” per accompagnare e assistere anche gli alunni “speciali”. L’obiettivo dovrebbe essere quello di integrare le conoscenze particolari di questi bambini con quelle dei compagni, creando un ambiente inclusivo. Questo approccio dovrebbe valere anche per i bambini con ritardi nell’apprendimento, aiutandoli a raggiungere gli obiettivi insieme agli altri. Tuttavia, questi obiettivi più nobili e umani saranno possibili solo se gli adulti decideranno di costruire una società più giusta.

Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.

Nei pressi del piccolo comune toscano di S. Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, ha avuto inizio nel 2019 una campagna di scavi archeologici intorno a una sorgente di acqua termale. La ricerca è guidata tuttora da Jacopo Tabolli, professore di archeologia all’Università per Stranieri di Siena, e affiancata da Emanuele Mariotti, archeologo per conto del comune di S. Casciano e direttore degli scavi. Dal novembre del 2022, è emerso qualcosa di straordinario, considerato dagli esperti il più grande tesoro etrusco dell’Italia e del Mediterraneo antichi: 24 statue in bronzo di epoca etrusca e romana, in ottimo stato di conservazione, oltre a attrezzi medici come bisturi e specilli, modelli di organi di animali usati in pratiche divinatorie, numerosi bronzetti sacri “simbolici” come offerte “per grazia ricevuta” (i cosiddetti “ex-voto”) e 50 mila monete d’oro, argento e bronzo. Tutti questi reperti sono stati ritrovati nel fango caldo del Bagno Grande, un insieme di vasche collegate alla sorgente, considerata sacra sia dagli Etruschi che dai Romani. Questo ritrovamento testimonia una convivenza pacifica tra le due culture, un contesto di pace in mezzo ai conflitti, e potrebbe riscrivere la storia del rapporto tra i due popoli, apparentemente diverso da quanto creduto in precedenza. Mentre all’esterno si combattevano guerre sociali e civili, all’interno del santuario le famiglie delle élite etrusche e romane facevano insieme offerte votive alle divinità curative, quali principalmente Apollo, la Fortuna Primigenia e Igea, la dea greca della salute e della guarigione. Sulle statue in bronzo si sono conservate perfettamente iscrizioni sia in Latino che in Etrusco, grazie all’azione protettiva del fango e dell’acqua termale, dove sono citati i nomi di potenti famiglie etrusche della zona e dell’Etruria interna, vale a dire l’Umbria. Questi reperti sono considerati i più importanti dopo i Bronzi di Riace, scoperti in Calabria nel 1972, dato che la maggior parte delle sculture etrusche conosciute finora era in terracotta. La maggior parte dei reperti è datata tra il secondo secolo a.C. e il primo d.C., periodo di profonda assimilazione da parte di Roma delle diverse culture che aveva “assorbito”, compresa quella etrusca, con la quale aveva anche conteso il controllo della penisola italiana. Questa scoperta aumenta quindi il valore di questi reperti, dimostrando che la contesa non fu l’unica forma di relazione tra i due popoli.

Anche questa campagna di scavo è avvenuta all’insegna della multiculturalità, come racconta il professor Jacopo Tabolli, affermando che “L’Archeologia non è mai il lavoro di un singolo ma il risultato dello sforzo di tanti. Le scoperte inattese che si sono dischiuse sotto di noi non sarebbero mai state possibili senza la passione dei tanti studenti delle università italiane e straniere […] in un contesto come quello del Bagno Grande”, definendo quest’ultimo come “una palestra unica per i giovani archeologi”, data la sua stratificazione storico-culturale.

La Soprintendenza all’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo ha sostenuto fin dall’inizio l’impresa di scavo e la sua multidisciplinarietà, costituita da una vasta squadra di archeologi, architetti, geologi, archeobotanici ed esperti di epigrafia e numismatica. Inoltre, è in programma la creazione di un “parco archeologico” per valorizzare il sito e i suoi reperti, nonché consentirne la fruizione futura da parte del pubblico.

Così, finalmente, si presenteranno ai nostri occhi le meraviglie di un luogo che, dopo il quinto secolo, venne abbandonato con l’avvento del Cristianesimo, ma non distrutto. Le sue vasche furono sigillate con pesanti colonne di pietra e le statue delle divinità e gli oggetti sacri furono deposti con rispetto sul fondo dell’acqua, testimoniando l’importanza e la sacralità dell’Acqua con i suoi poteri terapeutici e “miracolosi”. Tra le scoperte spicca la splendida statua di Pan, il dio dei boschi, e il bellissimo putto di età ellenistica, con al collo la sua “bulla”, un amuleto protettivo, che ci regala ancora oggi, dopo duemila anni, il suo tenero sorriso di bambino.

Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.

L’assistenza ostetrico-ginecologica rivolta alle donne con disabilità fisico-motorie è un tema di grande rilevanza, che ho esaminato attraverso diversi articoli e studi. Questa area dell’assistenza sanitaria, spesso trascurata o non adeguatamente affrontata, merita una maggiore attenzione e comprensione.

Nei miei studi, ho scoperto che tesi di laurea di studentesse non disabili hanno esplorato questo campo, portando alla luce aspetti della vita delle donne con disabilità che spesso rimangono invisibili. Queste ricerche hanno contribuito a sensibilizzare la società su come la disabilità fisico-motoria possa influenzare esperienze fondamentali come la sessualità, la gravidanza e la maternità.

Allo stesso modo, associazioni che rappresentano persone con disabilità hanno avviato iniziative importanti, come la distribuzione di questionari specifici a donne disabili e a ostetriche. Queste indagini hanno rivelato una preoccupante mancanza di informazioni e di preparazione tra i professionisti sanitari e una generale mancanza di consapevolezza sulla realtà vissuta da queste donne. Tale situazione sottolinea una lacuna critica nell’assistenza sanitaria che necessita di essere colmata.

Questo gap informativo e di formazione professionale non solo limita la qualità dell’assistenza ricevuta dalle donne con disabilità ma contribuisce anche a perpetuare pregiudizi e barriere, rendendo ancora più difficile per queste donne affrontare sfide già complesse.

La mia aspirazione è che il dialogo su questi temi diventi più aperto e diffuso. È essenziale che la società superi la visione tabù che spesso circonda la sessualità e la maternità nelle donne con disabilità, riconoscendo invece i loro diritti e le loro esigenze specifiche. Una maggiore consapevolezza e un miglioramento dei servizi di assistenza ostetrico-ginecologica per queste donne non solo sarebbero un passo avanti verso un sistema sanitario più inclusivo ma anche verso una società più equa e rispettosa.

In conclusione, l’obiettivo è creare un ambiente in cui ogni donna, indipendentemente dalle sue abilità fisiche, possa ricevere l’assistenza e il supporto necessari per vivere esperienze di maternità e sessualità in modo pieno e dignitoso.

Cristina Zangone

Sono nata a Milano e mi sono formata nel campo dell’informatica. Nonostante il mio attuale impegno nel mondo del lavoro, con due occupazioni, non ho mai smesso di studiare. La mia passione è viaggiare e scoprire nuovi luoghi, accompagnata spesso dalla musica che amo ascoltare. Nonostante le sfide della mia condizione, essendo una persona disabile e utilizzando una carrozzina, affronto la vita con determinazione e curiosità.