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Dove eravamo rimasti. Il viaggio.

Il concetto di viaggio è soggettivo, ognuno vede nel viaggio un simbolo diverso, ognuno di noi quando intraprende un viaggio ha sensazioni differenti. Conosco persone che per lasciare la loro casa anche solo una notte si fanno prendere dall’angoscia.
Ogni tanto incontro i ragazzi delle nostre scuole e la domanda che faccio loro la prima volta è: come vi sentireste se doveste lasciare la vostra casa, i vostri amici, la scuola all’improvviso? Cosa mettereste nello zaino sapendo che può contenere pochissime cose?
Le risposte arrivano d’stinto ma tutti sappiamo che sull’onda di un atteggiamento istintivo forse la prima cosa che faremmo è ragionare. Ma purtroppo c’è poco tempo.

Alcuni non scelgono di partire, altri organizzano la traversata prevedendo i minimi dettagli, spinti dai racconti di chi è riuscito ad attraccare.

Perché si parte.

La spinta è unica e il desiderio forte, la ricerca di una condizione migliore, questa è l’unica risposta per spiegare le migrazioni dall’inizio dell’umanità ad oggi. Se la condizione che viviamo non ci permette di evolvere, di crescere o di sopravvivere e quello che vogliamo per noi e per il nostro futuro è diverso da quello che ci aspetta, cerchiamo in ogni modo di trovare una strada alternativa. Se ad esempio non si ha libero accesso all’istruzione perché per alcuni governanti la scuola non è importante ed istruire la popolazione è una limitazione all’agire dello stesso governatore, se non si può avere accesso all’acqua pubblica perché l’acqua pubblica purificata non esiste e quindi non è solo la sete ad uccidere ma anche le malattie, se, in sostanza i diritti essenziali per poter vivere dignitosamente (non in ricchezza) non sono garantiti, cosa fareste?
È legittimo partire solo per scappare dalle guerre o anche la malnutrizione può attentare alla vita?

Quando è legittimo partire?

Negli ultimi anni si parla spesso di legittimazione, legittimità di partire, legittimità di soggiornare su un dato territorio. Si sente spesso parlare diritto di accoglienza solo per le persone che arrivano con un aereo attraverso progetti realizzati da enti no profit e accordi con gli stati europei, questi viaggi si chiamano corridoi umanitari. I corridoi umanitari sono uno tra i tanti modelli di accoglienza a disposizione come alternativa sicura e legale ai viaggi della disperazione, rivolti a migranti con particolare vulnerabilità. Sono progetti meravigliosi che tutelano sia gli accolti che gli accoglienti e che danno la possibilità di realizzare percorsi di integrazione per circa due anni.

I punti di forza sono molti, primo tra tutti la fortuna di evitare i viaggi della morte e di finire intrappolati nella rete dei trafficanti di essere umani. Purtroppo il limite è quello di poter raggiungere numeri limitati di persone. I funzionari addetti alla selezione vanno in alcuni campi profughi e individuano troppo poche situazioni vulnerabili, dovendone tralasciare purtroppo molte altre.

Percorsi.

Ed eccoci ad una delle domande che vengono rivolte a me: perché gli “altri” non possono arrivare con l’aereo ed evitare il deserto e il mare? Semplicemente perché i viaggi sono economicamente onerosi e la maggior parte dei paesi non rilascia visti di ingresso per l’Europa, quindi l’unica soluzione è quella di mettersi in movimento affidandosi alla consapevolezza che il viaggio sarà lungo e che durante il percorso la propria vita verrà messa continuamente a rischio. La probabilità che i migranti possano subire violenze è altissima e la consapevolezza di non avere abbastanza denaro per pagare i militari ai posti di blocco mette già le persone in una situazione di subalternità.
Le tratte più conosciute sono quelle africane, ma ce ne sono diverse. Una di quelle classiche è la tratta del west Africa, la prima tappa è Bamako (Mali) e se si ha la fortuna di poter continuare si arriva ad un altro posto di blocco dove la gente purtroppo staziona anche dei mesi, Aghadez in Niger. Da lì iniziano i viaggi per attraversare il deserto ma bisogna pagare, se non si hanno i soldi non si parte e si è obbligati a fermarsi fino a quando non si racimola il denaro sufficiente per pagare qualcuno, una guardia, un aguzzino, il prossimo trafficante. La traversata del deserto per raggiungere la Libia è pericolosa, le strade non sono certamente tracciate e i pick-up possono smarrire la via. Il rischio di rimanere nel deserto senza benzina è molto alto e gli autisti non guardano in faccia a nessuno, la vita di un camion che trasporta disperati è più importante della vita dei disperati stessi. Capita che qualcuno cada dai pick-up o dai furgoni a causa di malesseri dovuti a colpi di calore, al sovraffollamento, ai dolori agli arti ormai atrofizzati per mantenersi aggrappati, le persone vengono lasciate li, senza nessuna pietà, affidate al proprio destino o al proprio Dio. Coloro che fortunatamente arrivano in Libia non sanno a che destino vanno incontro, la maggior parte delle volte ad attenderle ci sono mesi di schiavitù o reclusione in qualche lager, dove le torture sono all’ordine del giorno.

Partire è faticoso.

Arrivare da questa parte ancora di più, ce la fa solo chi è sano, perché il viaggio è talmente duro che se le condizioni di salute non sono buone si perde la vita strada facendo, spesso in mezzo al deserto.

Partire è costoso.

Nel corso delle varie tappe si devono pagare tangenti a poliziotti e contributi a trafficanti, lasciare la propria terra quindi non è solo una spinta e un sacrificio personale, interi villaggi investono sui giovani più in gamba per poter essere aiutati a loro volta una volta che questi hanno raggiunto il paradiso europeo. La certezza che però dall’altra parte ci sia un vero paradiso non c’è, per nessuno.

Articolo a cura di Sara Maida, responsabile del Centro di Accoglienza Casa di Betania ONLUS

Leggi l’altro articolo scritto da Sara qui:

Casa di Betania è un centro di accoglienza per rifugiati politici, richiedenti asilo, titolari di protezione sussidiaria e ricorrenti.

Casa di Betania è una ONLUS – Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale – ai sensi del D.Lgs. 460/97, iscritta all’albo regionale del volontariato.

Costituita nel 1987 l’Associazione Amici di Casa di Betania si è dedicata da subito ed esclusivamente al centro di accoglienza.

Nato come centro di prima accoglienza per immigrati si è trasformato nel corso degli anni diventando un centro di seconda accoglienza per rifugiati, titolari di protezione sussidiaria, richiedenti e ricorrenti.

Il loro obiettivo è quello di offrire ai loro ospiti un’autentica opportunità di inclusione sociale.

via Carducci 4 – 20089 Ponte Sesto di Rozzano (MI) 

Tel. 02-30910226

Codice Fiscale e Partita IVA 97060330152

http://www.casadibetania.org

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Vi proponiamo una bella iniziativa, organizzata da Casa di Betania, associazione di cui siamo partner. Un’occasione da non perdere per passare un venerdì sera diverso, con buon riso, buon vino e soprattutto buonissima compagnia!

BODA BODA

Boda Boda è un mezzo di trasporto, una moto che trasporta le persone e il suo nome è l’abbreviazione di “from border to border”.

 Come tutte le cose che facciamo anche questa sottolinea l’importanza del viaggio, dell’incontro… della mescolanza

Siamo un gruppo di amici e di associazioni che pensa che condividere sia meglio che fare da soli.

Condividere anche i problemi può alleggerirli e farci sentire meno soli, condividere le gioie può arricchire le persone.

Abbiamo aperto le porte, allungato i nostri tavoli e aggiunto dei posti. Vieni a condividere con noi…

anche un buon piatto di risotto e un bicchiere di vino!

Siete tutti invitati venerdì 17 maggio dalle ore 20:00 presso la sede di Casa di Betania, in via Carducci 4 a Rozzano, per una risottata con degustazione di vini dell’oltre Po pavese.

Vi aspettiamo numerosi!

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Non frequento molto i bar, ma qualche volta mi capita di andare a prendere un caffè. Oppure, semplicemente, mi trovo in fila al supermercato o in posta. Per non continuare a giocare con il cellulare, aggeggio che sta diventando deleterio, mi soffermo sulle parole dei miei compagni di attesa. E se la maggior parte dei discorsi sono incentrati sul quotidiano di ogni persona, a volte mi capita di incappare in sguardi e parole sommesse.

Ultimamente i temi ricorrenti sono l’ecologia o un tema molto ragionato nel nostro paese, l’immigrazione. Un tema in questo momento molto discusso e chiacchierato ma, purtroppo, poco conosciuto.

Quello che si sta alimentando è un sentimento di difesa e paura; chi di noi in una situazione di disagio non ha cercato di difendersi o difendere i propri cari? Chi, non conoscendo un dato argomento, si è lasciato andare a dichiarazioni “per sentito dire” o poca conoscenza. Tutti lo abbiamo fatto e continueremo a farlo, in qualche modo. Ma la conoscenza, il sapere e l’istruzione sono l’unica arma per difendere una delle cose più importanti che abbiamo: la libertà.

Quello che facciamo è semplicemente sentire gli esponenti che si spendono in discorsi e voli pindarici per cercare di portare il maggior numero di persone nelle file del proprio gruppo ma spesso e volentieri i metodi utilizzati non sono dei più limpidi e comprensibili. Per ingraziarsi il pensiero delle masse spesso si cerca di fare leva su i punti deboli e le paure delle persone, si parla alla pancia.

Ed è per questo che, in una situazione economica e sociale così precaria come in Italia, si cerca di alimentare una guerra tra poveri sottolineando quanto “gli altri”, quelli venuti da quel continente lontano per cultura ma geograficamente così vicino a noi, siano una minaccia per la nostra vita e per il nostro futuro.

Ci si affida a numeri e cronaca sentiti da un telegiornale o riferiti banalmente da un nostro conoscente per valutare un problema mondiale così importante e delicato e, diciamocelo, i nostri antenati non sono stati così lontani dalla miccia che ha fatto scatenare questo esodo.

La geopolitica è una materia difficile e complessa e sinceramente a volte anche un po’ noiosa ma è utile per capire da dove nasce il problema e quanti anni fa è stato seminato il suo germe. Non si parla di questioni recenti ma di fatti successi decine e decine di anni fa.

I grandi flussi di persone, le masse, si spostano per cercare condizioni migliori, una dicitura che assume diverse sfumature, dalla più banale alla più pericolosa. Non sono solo le persone che scappano dalle guerre a dover effettuare uno spostamento ma anche quelle persone per cui i basilari diritti umani non vengono garantiti. I diritti dell’uomo sono inalienabili e ogni stato deve rispettarli, tutelarli e applicarli.Dovrebbe!!!

I diritti dell’uomo si distinguono in 3 categorie: civili e politici (diritto alla vita, il diritto di riunione e il diritto alla libertà di religione); i diritti economici, sociali e culturali,
(per esempio il diritto al lavoro, all’istruzione e alla sicurezza sociale); diritti della terza generazione (per esempio il diritto allo sviluppo e a un ambiente sano e pulito).

Per me, solo l’elencare queste tre banali frasi, spiega già molto di più di quello che può fare un saggio sull’argomento.

Quelli che per molti sono numeri a volte numeri legati a statistiche territoriali, altre volte legati a un naufragio, in realtà sono persone, madri, figli, mariti o nipoti. Persone che non potranno mai dire al telefono: “mamma ce l’ho fatta, il mare non mi ha inghiottito”.

E’ necessario cercare di comprendere e conoscere la storia che sta dietro a un nome; a volte quel nome nasconde delle sfumature inaspettate, delle bellezze inespresse e delle differenze. Ma chi dice che le differenze siano necessariamente negative? E perché invece non potremmo pensare che una differenza ci possa arricchire, ci possa fare pensare e ragionare o perché no, addirittura migliorare? O forse potrebbe semplicemente farci pensare: quella persona mi somiglia molto più di quanto pensassi.

Articolo a cura di Sara Maida, responsabile del Centro di Accoglienza Casa di Betania ONLUS

Casa di Betania è un centro di accoglienza per rifugiati politici, richiedenti asilo, titolari di protezione sussidiaria e ricorrenti.

Casa di Betania è ONLUS – Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale – ai sensi del D.Lgs. 460/97, iscritta all’albo regionale del volontariato.

Costituita nel 1987 l’Associazione Amici di Casa di Betania si è dedicata da subito ed esclusivamente al centro di accoglienza.

Nato come centro di prima accoglienza per immigrati si è trasformato nel corso degli anni diventando un centro di seconda accoglienza per rifugiati, titolari di protezione sussidiaria, richiedenti e ricorrenti.

Il loro obiettivo è quello di offrire ai loro ospiti un’autentica opportunità di inclusione sociale.

http://www.casadibetania.org

via Carducci 4 – 20089 Ponte Sesto di Rozzano (MI)

Tel. 02-30910226

Codice Fiscale e Partita IVA 97060330152

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