Per tentare di prevenire la violenza nei confronti delle donne – Parte 2

Il passaggio all’adolescenza rappresenta un momento cruciale nella vita dei ragazzi, e con esso emerge la necessità di un’educazione sessuale appropriata. I cambiamenti fisici e le nuove sensazioni ed emozioni richiedono risposte chiare e oneste alle loro curiosità, già presenti fin dall’infanzia.

In assenza di una guida educativa, i ragazzi, soprattutto i maschi, potrebbero cercare risposte su Internet, dove i siti pornografici prevalgono. Questi spesso forniscono una rappresentazione distorta e meccanica della sessualità, riducendo la donna a un oggetto di piacere e promuovendo un’immagine subalterna e a volte violenta della stessa.

È fondamentale quindi impartire un’educazione che mostri come tale visione sia lontana dalla realtà, dove l’atto sessuale deve includere una forte componente affettiva e basarsi sul rispetto reciproco tra i partner. Una corretta educazione sessuale ed emotiva dovrebbe essere una pratica standard nelle scuole, oltre che responsabilità dei genitori. Purtroppo, solo recentemente il nostro paese sta prendendo coscienza di questa necessità, in risposta agli episodi di violenza che hanno colpito l’opinione pubblica.

In questo contesto, è vitale riscoprire la nostra umanità e guidare gli adolescenti in un utilizzo consapevole della tecnologia, evitando l’esposizione a videogiochi violenti che possono annullare gli aspetti positivi dei rapporti umani. Questi ultimi, sebbene possano essere caratterizzati da tensioni e contraddizioni, devono essere affrontati in modo positivo e costruttivo, insegnando il rispetto reciproco.

Non va dimenticato, specialmente durante l’infanzia, l’importanza di nutrire la naturale tendenza alla tenerezza nei nostri figli, di entrambi i sessi, per fornire loro un bagaglio emotivo adeguato per affrontare il mondo.

Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.

Per tentare di prevenire la violenza nei confronti delle donne -Parte 1

La constatazione che la nostra società occidentale, pur evoluta, conservi un marcato retaggio maschilista è fonte di grande sconforto. Tale mentalità, nei casi più estremi, può sfociare in atti di violenza contro le donne, come dimostrano i frequenti e terribili episodi di cronaca. Essendo un problema culturale, il suo contrasto dovrebbe iniziare dalle radici, ovvero dall’educazione, particolarmente quella rivolta ai figli maschi. L’obiettivo è che, fin da piccoli, imparino a riconoscere e interiorizzare che uomini e donne sono “diversi ma uguali”, meritevoli dello stesso rispetto, per costruire una società più giusta e felice.

Le ricerche online hanno rivelato “12 consigli per genitori di figli maschi”, ispirati alle teorie del dott. Daniele Novara, che offrono linee guida per un’educazione efficace e attuale:

1) LASCIARLI PIANGERE: I bambini maschi devono poter esprimere liberamente la loro vulnerabilità e piangere senza vergogna. È fondamentale insegnare loro a esprimere sentimenti ed emozioni con le parole.

2) MODELLI POSITIVI: Entrambi i genitori dovrebbero fornire esempi di forza e positività. Il padre deve essere un punto di riferimento e di supporto, mentre la madre dovrebbe favorire il legame padre-figlio, permettendo loro di condividere momenti insieme.

3) ESPRIMERE IL PROPRIO SÉ: Ogni bambino deve poter trovare la propria identità, seguendo i propri interessi, anche se non conformi ai canoni tradizionali. Non esistono attività esclusivamente maschili o femminili.

4) AUTONOMIA PERSONALE: I bambini maschi dovrebbero imparare ad occuparsi di se stessi e della casa, acquisendo competenze utili per una vita autonoma.

5) CURA DEGLI ALTRI: Educare i maschi alla responsabilità e alla cura degli altri, come fratelli minori o animali domestici, contribuisce a costruire una società più equa.

6) AMICIZIA CON LE BAMBINE: È importante incoraggiare l’amicizia tra bambini di sesso opposto per sviluppare un senso di equità e arricchimento reciproco.

7) CONDIVISIONE DELLE ATTIVITÀ: Genitori di entrambi i sessi dovrebbero partecipare senza distinzione alle attività domestiche e altre, mostrando ai figli l’importanza della collaborazione familiare.

8) RISPETTO DEL “NO”: Insegnare fin da piccoli il rispetto per se stessi e per gli altri, includendo il consenso e la capacità di dire e accettare un “no”.

9) GESTIRE I CONFLITTI: È essenziale insegnare ai bambini a gestire i conflitti in modo costruttivo e giusto, senza evitare le controversie ma imparando a risolverle.

10) EVITARE TERMINI RIDUTTIVI: Non usare espressioni come “femminuccia” in modo offensivo o riduttivo, evitando di associare la vulnerabilità a un genere specifico.

11) PROMUOVERE LA LETTURA: Incoraggiare la lettura e l’uso del linguaggio per sviluppare il mondo interiore dei bambini, indipendentemente dal loro sesso.

12) CELEBRARE L’INFANZIA: Insegnare ai bambini la forza interiore, la gestione delle emozioni, la resilienza e la cura di sé e degli altri, dando loro fiducia per sviluppare le proprie passioni.

Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.

I lavoratori disabili come risorsa nel mondo del lavoro

Lorenzo, il mio compagno, nonostante sia disabile al 100% e si sposti in sedia a rotelle, è fortunatamente dotato di tutte le sue funzioni cognitive e sa utilizzare il computer, competenza cruciale nel mondo del lavoro odierno. Possiede quindi tutte le qualifiche necessarie per un impiego d’ufficio e lavora come impiegato presso un’università della nostra città. Sebbene siamo grati per la stabilità lavorativa, a volte il suo lavoro diventa paradossalmente gravoso a causa della mancanza di compiti da svolgere.

Una volta esaurito il materiale da scannerizzare, che costituisce la principale mansione di Lorenzo, egli si ritrova senza compiti fino alla prossima consegna. Ci chiediamo: non c’è davvero nulla che possa fare nell’attesa? Se le sue competenze attuali non sono sufficienti, perché non proporre un percorso formativo interno che gli consenta di acquisire nuove abilità?

La legge 68/99, che regola il “Collocamento Mirato” dei lavoratori disabili, è stata riformata nel 2015 con l’intento di:

a) promuovere servizi integrati di supporto;

b) incentivare accordi territoriali per facilitare l’impiego;

c) adottare criteri di valutazione bio-psico-sociali;

d) analizzare le caratteristiche del posto di lavoro;

e) designare un Responsabile dell’Inserimento Lavorativo;

f) identificare buone pratiche di inclusione lavorativa.

Questi principi sono in linea con il pensiero della dottoressa Emanuela Zappella, che sottolinea l’importanza di valutare il lavoratore disabile come persona con potenzialità e capacità, oltre la semplice necessità di adempiere a un obbligo legale. La vera integrazione lavorativa si realizza riconoscendo al lavoratore disabile il ruolo di risorsa aziendale, a pari merito con gli altri dipendenti. Questo approccio richiede accomodamenti e passaggio dall’uguaglianza all’equità, fornendo a ciascuno ciò che gli serve in base alla sua unicità. Inoltre, è cruciale il contributo collaborativo di tutti gli attori aziendali e delle istituzioni.

Alla base di tutto ciò, le relazioni umane giocano un ruolo determinante: solo in un ambiente che promuove la cura reciproca è possibile ottenere una crescita sia produttiva che umana.

In conclusione, Lorenzo è pronto a mettersi in gioco, ansioso di utilizzare al meglio le sue competenze e di contribuire attivamente al successo dell’ente universitario per cui lavora.

Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.

“L’Italia non rispetta le disposizioni europee in materia di accessibilità per le persone con disabilità.” Queste le parole della Commissione per le Petizioni del Parlamento europeo, con sede a Bruxelles, in risposta alla denuncia del mancato rispetto da parte dell’Italia della legislazione europea, presentata lo scorso aprile dall’attivista italiano Lorenzo Torto.

Torto si batte per un miglioramento della qualità di vita delle persone con disabilità e per un mondo più inclusivo per tutti. In seguito alla sua denuncia, la Commissione europea ha avviato una verifica, confermando le criticità segnalate dall’attivista, particolarmente attivo nell’abbattimento delle barriere architettoniche.

La scadenza per l’attuazione della direttiva n.882/2019 sull’accessibilità era fissata al 28 giugno 2022, mentre le misure della normativa comunitaria entreranno in vigore a partire dal 28 giugno 2025. Bruxelles ha inoltre sottolineato che, il 19 aprile, è stata avviata una procedura di infrazione nei confronti di Roma, inviando una lettera di messa in mora.

Se l’Italia non adeguerà la propria legislazione alle disposizioni comunitarie, Bruxelles è pronta a intensificare le azioni, inviando una richiesta formale di non conformità.

È un dovere di rispetto garantire alle persone con disabilità pari diritti e opportunità all’interno della società. Tuttavia, i piani Peba, ossia i progetti per l’abbattimento delle barriere architettoniche, obbligatori per legge, non sono ancora stati approvati da alcuni Comuni italiani.

La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità impone agli Stati l’obbligo di rispettare tutte le disposizioni indicate, inclusi i requisiti di accessibilità. L’Italia ha anche ratificato il protocollo opzionale della Convenzione, che consente a individui o gruppi di inviare petizioni al Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.

La Commissione europea considera questo tema una priorità e invita tutti gli Stati membri a recepire tempestivamente la direttiva n.882 del 2019.

Cristina Zangone

Sono nata a Milano e mi sono formata nel campo dell’informatica. Nonostante il mio attuale impegno nel mondo del lavoro, con due occupazioni, non ho mai smesso di studiare. La mia passione è viaggiare e scoprire nuovi luoghi, accompagnata spesso dalla musica che amo ascoltare. Nonostante le sfide della mia condizione, essendo una persona disabile e utilizzando una carrozzina, affronto la vita con determinazione e curiosità.

Una storia di razzismo, di amicizia e di amore

La parola “Mudbound” sembra evocare l’essere “legato” o “costretto nel fango”, ed è il titolo di un film che ho visto di recente, tratto dal romanzo “Fiori nel fango” di Hillary Jordan. Il film intreccia le storie di due famiglie nel Sud degli Stati Uniti, nel Mississippi, durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale: una bianca, proprietaria terriera, e l’altra nera, affittuaria e impegnata nella coltivazione del cotone su quel terreno talvolta duro e talvolta melmoso. Le famiglie, benché entrambe povere e alle prese con la natura severa, vivono in un’asimmetria di condizioni, con i neri in uno stato di subordinazione.

Il racconto inizia con il matrimonio tra Laura, una trentenne che vive ancora con i genitori, e Henry McAllan. Presto diventano genitori di due bambine e si trasferiscono in una modesta fattoria. Laura, che aveva sposato Henry più per convenienza che per amore, presto si rende conto del divario tra le sue aspettative e la realtà del marito e della loro vita insieme. Nonostante ciò, per amore delle figlie, accetta di adattarsi, anche a vivere con un suocero difficile. La svolta arriva quando le bambine si ammalano e Laura chiede aiuto a Florence Jackson, della famiglia di colore, la quale accetta nella speranza di sopperire all’assenza del marito Hap, infortunatosi cadendo da una scala.

Con il ritorno dei figli dalle guerra, Ronsel Jackson e Jamie McAllan, il fratello minore di Henry, la storia prende una svolta. Entrambi portano i segni del conflitto: Jamie si rifugia nell’alcol per affrontare il disturbo post-traumatico, mentre Ronsel deve confrontarsi con il razzismo della società in cui è cresciuto. Fra i due nasce un’amicizia che sfocerà in un legame profondo e incompreso dai più.

Il film si immerge nei temi del razzismo, dell’amicizia e dell’amore, intrecciandoli con la durezza della vita rurale. Mostra come le vicende personali si scontrino con i pregiudizi e le convenzioni sociali, fino a giungere a tragici epilogi, come la mutilazione di Ronsel per mano del Ku Klux Klan, istigata dall’ostilità razzista del padre di Henry e Jamie.

Nella fine amara del film, Laura e Jamie si ritrovano complici in un segreto che li legherà per sempre, mentre la famiglia Jackson, dopo anni di duro lavoro e sofferenze, intravede la possibilità di una vita migliore. Nel fango della Mississippi, dove si è consumata la vita di tanti, emerge la speranza che il sudore e le lacrime possano infine germogliare in un domani più giusto e luminoso.

Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.