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Jobs Act, facilitazioni, start-up, sgravi, incentivi… ma il lavoro non decolla.

I dati dell’Istat dell’ultimo anno sono incoraggianti, ma non sono sufficienti: la disoccupazione è sempre sopra le due cifre.

Il fatto è che il lavoro non sembra essere la vera priorità, ma solamente “uno dei tanti punti nell’agenda dei nostri governanti”.

Probabilmente non abbiamo mai rifletttuto bene su che cosa sia il lavoro per le persone. Spsso si pensa che il lavoro e stipendio siano una equazione. Certamente avere un reddito è importante ma ci sono molti che hanno un reddito senza lavorare – quelli che vivono di rendita – e almeno atrettanti che lavorano senza da questo percepire un reddito, ad esempio i volontari o gli stagisti.

Il lavoro è molto di più, è il posto che noi occupiamo nella società, e quello che gli altri si aspettano da noi.

La disoccupazione giovanile è ancora al 37%

Nessuno si vanta di essere disoccupato, anche se più spesso dovremmo considerare tutte le nostre occupazioni e abilità e non riferirci soltanto a quelle fatte a pagamento.

Probabimente è nesessario un cambio epocale su questo tema, soprattutto oggi che la tecnologia si sostituicse sempre di più all’uomo riducendo la massa dei lavoratori e cocentrando la ricchezza nelle mani di pochi che pensano di non aver più bisogno degli altri.

Un cambio epocale che deve essere governato, dando a tutti un reddito che pemetta di vivere in maniera dignitosa e al passo coi tempi dove il lavoro/impegno sociale non sia per forza la misura del reddito.

Con questa visione il mondo, probabilmente, sarebbe molto diverso, per tutti e ancor di più per i disabili e le persone che sono oggi emarginate.

Articolo a cura di Claudio Fontana

Tutti abbiamo bisogno degli altri per vivere compiutamente la nostra vita, ma nel caso di molti disabili il bisogno è maggiore e diventa dipendenza. Quindi nella vita di queste persone ne entrano delle altre in funzione di aiuto e, fin quando le cose funzionano e c’è armonia, va tutto bene. Ma quando iniziano i problemi, uno dei due protagonisti, il disabile o l’operatore, incomincia ad andare in sofferenza. Cosa accade in quel frangente?

Cosa succede se il disabile, che può essere vittima o carnefice, non è solo l’assistito ma anche il datore di lavoro dell’altra persona? Come farà a dirimere la questione con sufficiente imparzialità e distacco?

Probabilmente non ci riuscirà e se vorrà farlo dovrà chiedere l’aiuto di qualcuno… aiuto che sarebbe sicuramente stato meglio avere a disposizione fin dall’inizio.

Per questo motivo, nel rapporto di assistenza e di lavoro tra disabile e operatore, quasi sempre è necessario che la figura dell’assistito e del datore vengano separate, per garantire una maggiore continuità nel tempo e soprattutto che i momenti di difficoltà vengano superati senza rotture traumatiche per nessuno.

Articolo a cura di Claudio Fontana