Personalmente, pensandola da un punto di vista unicamente “pratico”, questa esperienza a me ha lasciato una mascherina pronta all’evenienza nella borsa, se devo entrare in una qualche struttura sanitaria, ad esempio, e l’abitudine di mantenere un po’ di distanza dalle altre persone in coda al supermercato. Ma queste, ovviamente, sono diventate cose quasi insignificanti. In realtà, anche e soprattutto il triste ricordo di un cugino e di sua moglie, nonché di un signore di mia conoscenza, che proprio a causa del COVID se ne sono andati via da questa vita terrena. Eh sì, questo COVID di vittime ne ha mietute, colpendo in particolare chi era più vecchio, più fragile, più malandato; ma anche chi lo aveva preso troppo poco sul serio… A questo proposito, forse, adesso si è diffusa una maggiore consapevolezza di quanto noi esseri viventi, e nello specifico, umani, siamo piccoli di fronte all’ Universo, se basta una cosa ancora molto più piccola di noi, come un virus, a destabilizzare così tanto le nostre vite…E quindi, mi viene da pensare: “Forse siamo tutti un po’ disabili”? In fondo non andiamo un po’ tutti avanti “a tentoni”, in questa cosa così unica e potente che è la Vita? Fin dalla nascita, noi esseri umani, in particolare, siamo così piccoli e inermi, e solo in una seconda fase, e comunque solo dopo innumerevoli cadute, impariamo a muovere i nostri primi passi barcollanti in questo mondo. Se tutto procede bene, è vero però che impariamo poi anche a correre, e in tempi piuttosto brevi! Nonché a salire, scendere, arrampicarci…sempre cadendo, naturalmente, di quando in quando. In seguito, sempre se tutto prosegue bene, con meraviglia e stupore entriamo nella fase “sociale”: non potremmo divenire pienamente noi stessi se non ci incontrassimo -e spesso anche scontrassimo- con gli altri della nostra specie. Ciò è molto evidente nelle relazioni tra fratelli, specialmente se vicini d’età, o nella vita quotidiana di un asilo: i bimbi interagiscono intensamente e fisicamente fra di loro, in un continuo alternarsi di contese, lotte e riappacificazioni. E poi arriva il tempo della Scuola vera e propria, la fase dell’apprendimento, anch’essa molto importante nello sviluppo sociale, dato che per la sua stessa natura necessita di rapporti “dal vivo”, quello, alla pari, con i compagni, e quello scolaro-insegnante;  quest’ultimo dovrebbe poi essere una persona sufficientemente matura e preparata e, specialmente, capace di trasmettere il suo sapere ed empatico nei confronti della “categoria” alla quale si rivolge, cioè quella dei suoi giovani allievi… Ed è proprio qui che s’inserisce ancora l’esperienza negativa del COVID: a causa della Pandemia, questi rapporti così concreti e vitali sono venuti a mancare, e sono stati sostituiti dalla “fatidica” D.A.D., la Didattica a Distanza…che avrà anche ovviato un po’ al problema della trasmissione “tecnica” di nozioni e informazioni, ma probabilmente spesso senza riuscire a “colpire nel segno”, non potendo ottenere, cioè, quel tipo di comprensione, attenzione e interazione che gli studenti, dalle  elementari, alle medie alle superiori, possono ricevere ed esprimere soltanto attraverso il rapporto umano diretto con i compagni e gli insegnanti: da “sempre”, infatti, questa relazione, se ben gestita, si è rivelata essere molto particolare, una potenzialmente straordinaria fonte di arricchimento personale.

Molto probabilmente, poi, la lunga e inevitabile reclusione del primo periodo del COVID ha favorito, purtroppo, anche il diffondersi di una sorta di “chiusura psicologica”, quasi un ripiegamento su se stessi di molti giovani, che ha assunto anche forme patologiche nei casi più allarmanti. Credo che situazioni piuttosto simili, quantomeno per ciò che concerne questa “solitudine obbligata”, siano venute a crearsi anche per altre due “categorie” di persone, altrettanto fragili, e in diversi casi anche di più, e cioè gli anziani e i disabili: già di per sé in una condizione di vita “precaria”, anch’essi hanno visto scomparire davanti a loro le poche opportunità di socializzazione di cui potevano disporre, spesso le uniche occasioni che donavano loro un po’ di gioia o serenità, che magari costituivano anche il senso più importante delle loro vite.

In sostanza, il COVID ha indubbiamente lasciato dietro di sé grandi danni, oltre a diverse vittime…Ma ora il virus si è placato, per la sua stessa sopravvivenza in mezzo a noi ha spuntato le sue armi, e non riesce più in ciò in cui riusciva prima: ora, quindi, è il momento giusto per recuperare tutto ciò che ci è rimasto di positivo, nonché di prodigarci per chi può avere bisogno di noi, apparentemente più “sani” … Per restituire senso alla vita di noi tutti.       

Vittoria Montemezzo

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.