Hassan era un ragazzino pakistano come tanti, di dieci anni, che viveva in un piccolo villaggio di campagna a non molti chilometri dalla capitale Islamabad. La sua famiglia viveva coltivando un orto e lavorando in un campo di orzo per lo Zamindar, il loro proprietario terriero. E poi avevano anche la bufala Meek, per il latte, alla quale lui e sua sorella maggiore Zayn, di tredici anni, erano molto affezionati. Non erano certo ricchi, ma riuscivano ad andare avanti piuttosto bene, anche perché il padre di Hassan era emigrato un paio di anni fa in Europa, nell’Italia del nord, per la precisione, dove, con l’aiuto di un cugino che viveva là già da un po’ di tempo, era riuscito ad aprire un piccolo negozio di alimentari e altri generi di prima necessità, e periodicamente mandava loro del denaro. Ad Hassan mancava molto il Papà, e non vedeva l’ora di rivederlo, appena fosse stato possibile… E la possibilità venne presto: una mattina, alla porta della loro casupola, bussarono due giovani uomini barbuti, che riconobbe come appartenenti ai temibili Talebani, sbirciando dalla finestra. La Mamma prima di aprire corse a mettersi il velo, tutta preoccupata. Quando la porta fu aperta, dopo un veloce: “As-Salam-u-alaykum” (“La Pace sia con Voi”) da parte di uno dei due, al quale sua madre rispose con un filo di voce: “Wa alaykum as-Salam” (“E su di voi sia Pace”), lo stesso uomo, quello che doveva  essere “il capo”, secondo Hassan, le chiese di sua figlia, Zayn, con voce piuttosto brusca, e anche lei, chiamata quindi dalla Mamma, arrivò frettolosamente alla porta, con il velo sopra i suoi capelli morbidi e scuri. Dopo una rapida occhiata severa e uno scatto del mento barbuto verso di lei, egli si rivolse però solo alla Mamma: le chiese quanti anni aveva e se andava a scuola, e, alla sua risposta affermativa, le intimò di fargliela lasciare già dal giorno dopo. E poi che loro due donne, d’ora in avanti, sarebbero potute uscire solo indossando il burqa, il vestito azzurro che copriva per intero il corpo delle donne, compresi la testa e il viso, con soltanto una specie di grata sottile davanti agli occhi, per permettere loro di vedere, almeno un po’. Quando se ne furono andati, Hassan, che per tutto quel momento era rimasto in piedi tutto teso accanto alla Mamma, lasciò andare un gran sospiro di sollievo. -Basta- disse a quel punto la Mamma, che era una donna d’indole forte e decisa, -Adesso ce ne andiamo davvero da Papà-. Il suo cuore allora sobbalzò dalla gioia. E fu così che partirono, il mattino dopo, di buon’ora, con pochi bagagli sulle spalle, soltanto l’indispensabile…dopo che lui e sua sorella ebbero salutato Meek, piangendo mentre accarezzavano il suo umido muso, dagli occhioni vellutati e con le grandi corna. Partirono insieme allo Zio, fratello maggiore della Mamma, molto simpatico, e per raggiungere l’Italia del nord impiegarono quasi un anno, attraversando prima l’Iran, la Turchia e la Grecia, zone quasi desertiche, zone rocciose, zone pianeggianti e più verdi… e poi altri paesi il cui nome Hassan non aveva mai sentito prima, e cioè Macedonia, Serbia, Bosnia, Croazia, Slovenia. Il Mondo era molto più grande di quanto lui aveva immaginato, e il loro Viaggio fu lunghissimo ed estenuante, in parte a piedi e in parte sulle auto di trafficanti, e spesso provarono paura, avvertendo situazioni di pericolo…ma ebbero fortuna, non accadde loro nulla di veramente grave, e quasi sempre quei trafficanti procurarono loro anche cibo e acqua, e posti provvisori dove dormire. Dopo circa un anno, dunque, poterono finalmente riabbracciare il Papà. Che era davvero un papà speciale, pensava Hassan, perché diceva che gli Uomini e le Donne, sebbene così diversi tra loro, valevano allo stesso modo, e avevano uguali diritti e doveri; e, specialmente, che anche le ragazze dovevano andare a scuola, e anche proseguire gli studi, se volevano e potevano, proprio come i maschi. Sua sorella Zayn ne era felice e orgogliosa, perché desiderava tanto diventare un’infermiera, in futuro. Così, quando furono arrivati in Italia, poté iscriversi alla Seconda Classe della Scuola Media… A volte faceva un po’ l’antipatica, voleva sempre “comandare” lei, dicendo che era lei la più grande, e allora succedeva che loro due litigassero e anche si picchiassero un po’, e Mamma o Papà dovevano intervenire per farli smettere; ma più spesso era affettuosa con lui, e gli raccontava tante cose interessanti che faceva a scuola…  Hassan, per parte sua, fu iscritto in “Quarta Elementare”, e, dopo qualche difficoltà per la lingua diversa, riuscì a fare amicizia in particolare con due suoi compagni di classe; a dire il vero, ce n’erano anche altri due insopportabili, che lo prendevano in giro, sia per come cercava di parlare in Italiano che per il colore più scuro della sua pelle, chiamandolo “cioccolatino”… Ma poi intervenne proprio la Maestra di Italiano, che volle parlare con i loro genitori, e alla fine i due lo lasciarono in pace. Pensando al futuro, Hassan s’immaginava di fare il cuoco, magari in una kebabberia: gli piaceva tantissimo, il kebab, infatti, adorava la sua fragranza, e lo affascinava il modo in cui si cuoceva sullo spiedo che girava, e come veniva affettato con quella macchinetta… E poi, da quando ancora vivevano in Pakistan, aveva osservato attentamente la Mamma cuocere il  Naan e il Chapati, o il Roti, e cioè, rispettivamente, il Pane col lievito, quello senza e quello di farina integrale, sempre non lievitato; e da lei, quindi, aveva potuto imparare… Finalmente, comunque, adesso la loro Vita era serena e “completa” …E poi, di lì ad un anno, la Mamma rimase incinta di un altro bambino; che in seguito, attraverso un’”ecografia”, cioè una sorta di “video” molto speciale fatto da un medico, che permetteva di vedere dentro il pancione delle donne incinte, si rivelò essere una bambina… -Uffa- borbottò Hassan quando lo seppe -una   altra femmina- Ma dentro di sé non si era mai sentito così felice… Questa di Hassan è una storia d’invenzione, ma, credo, non tanto diversa da altre storie che avvengono nella realtà…benché, probabilmente con un’ottica un po’ ottimistica… Molte, infatti, non vanno “a finire bene”, purtroppo, come possiamo constatare guardando e ascoltando le notizie di un telegiornale, o leggendole sui giornali, se non addirittura vivendole “di persona”, per chi abita in una zona “di confine” con le rotte migratorie, specie se sul mare, come l’isola di Lampedusa, dove periodicamente si riversano gli innumerevoli sbarchi dei Migranti. Tanti, troppi, non ce la fanno, annegano in mare o muoiono durante gli estenuanti viaggi via terra, oppure diventano vittime di reclusioni forzate, o dell’incuria, o di soprusi e di violenze, spesso anche da parte degli stessi trafficanti, che ovviamente da tutto ciò ricavano un guadagno. E tutto questo per trovare un posto migliore, come si diceva nell’articolo precedente, un posto, cioè, dove poter vivere “dignitosamente”, e quindi una Vita veramente “umana”, degna di essere vissuta…Il che non è affatto scontato. Una volta sopravvissuti a questi “esodi di massa” e giunti a destinazione, quasi sempre essi devono regolarizzare la loro posizione, nonché trovare un lavoro per poter andare avanti; di riflesso, ovviamente, si creano tanti problemi anche per il paese che li accoglie, dopo un primo intervento di soccorso alle urgenze: fornire loro cibo, alloggio, assistenza sanitaria… e, in seguito, coadiuvarli nella ricerca di un lavoro dignitoso, evitando che cadano nel circolo vizioso ed illegale dello sfruttamento da parte di “organizzazioni economiche” d’individui privi di scrupoli, i quali si approfittano della loro situazione di bisogno, sottopagandoli oltre ogni limite. Senza contare gli enormi problemi legati alla criminalità, della quale può diventare facile preda chi si ritrova in condizione di povertà e ignoranza, attratto dalla prospettiva di facili guadagni, o alle differenze culturali e di mentalità, che a volte si estremizzano, come nel caso dell’ Integralismo Islamico, generando disordini, episodi di razzismo da una o da entrambe le parti, quella dei migranti e quella del paese “ospitante”, e persino delitti, com’è tristemente noto dai più recenti fatti di cronaca. Contemporaneamente, esistono anche aspetti molto positivi apportati dall’ Immigrazione ai paesi che li accolgono, come l’innalzamento dell’indice di natalità, e l’aumento della forza-lavoro, con conseguente arricchimento dell’economia del paese. In sostanza, probabilmente sarà necessario ancora molto tempo, prima che paesi più sviluppati come l’Italia riescano a trovare delle “strategie” veramente valide per affrontare queste problematiche così vaste e complesse che l’Emigrazione-Immigrazione porta con sé, e anche a gestire al meglio tutte le risorse che da essa provengono. Sicuramente adesso risulta impellente la necessità dell’aiuto reciproco tra i paesi, e non ci si può voltare da un’altra parte, quando si tratta della salvezza di vite umane. Penso anche che sia assurdo e anacronistico volersi “difendere” dalla mescolanza dei popoli su questa Terra, mi sembra che ce lo confermino la natura e la storia dell’uomo: è avvenuto così fin dall’inizio, gli esseri umani si sono sempre spostati, alla ricerca di un posto migliore dove stare, è inevitabile, e giusto… Noi abbiamo soltanto avuto la fortuna di nascere in un paese più sviluppato, appunto.

Vittoria Montemezzo Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.