Maggio 2019

15 giorni, 14 notti

“Konnichiwa!”

Siamo davvero entusiasti di organizzare questo nuovo viaggio nel misterioso Estremo Oriente. Siccome c’è davvero moltissimo da vedere, dovremo purtroppo limitarci solo alle località principali di questo affascinante arcipelago. 

PROGRAMMA

1° GIORNO: Partenza dall’aeroporto di Milano o Roma e arrivo a Tokyo il giorno dopo.

2° GIORNO: Tokyo: arrivo in mattinata. Dopo esserci sistemati in albergo e aver pranzato, potremocominciare la nostra visita a questa grande città.

3° GIORNO: Escursione a Kamakura (1 ora da Tokyo).

4° GIORNO: Continua la nostra visita alla grande metropoli di Tokyo.

5° GIORNO: Sulla strada per Kyoto, faremo tappa a Shizuoka, dove ci fermeremo per una notte.

6° GIORNO: arrivo a Kyoto e prima visita alla città.

7° GIORNO: proseguiamo nella nostra visita a Kyoto.

8° GIORNO: potremmo continuarea visitare Kyoto, oppure fare un’escursione ad Osaka e/o Nara.

9° GIORNO: sulla strada per Hiroshima, dove ci fermeremo per tre notti.

10° GIORNO: Visita ad Hiroshima.

11° GIORNO: Escursione all’Isola di Miyajiama (1 ora da Hiroshima). In serata ritorno a Hiroshima.

12° GIORNO: sulla strada per Tokyo, con tappa a Fukui, dove ci fermeremo per una notte.

13° GIORNO: passando da Nagano, arriviamo a Tokyo.

14° GIORNO: Ultima visita a Tokyo. In serata partenza per l’Italia.

15° GIORNO: Arrivo in Italia in mattinata.

Il programma potrebbe avere delle variazioni e delle “inversioni” al suo interno, giustificate dalla necessità di concordare visite guidate con l’organizzazione dei luoghi che visiteremo.

TARIFFE

2 COPPIE3 COPPIE4 COPPIE
€ 7.900,00 per coppia€ 6.900,00 per coppia€ 6.500,00 per coppia

PRENOTA ORA!

e-mail: info@concreteonlus.org
telefono: +39 0239197896 – Lun-Ven H 09:00-13:00

I nostri sono sempre viaggi “personalizzati” cioè partono dall’esigenza di un individuo o di un gruppo di persone di recarsi in un luogo. Ci chiedono un’idea, un preventivo e delle soluzioni; noi le prepariamo, pubblicizziamo l’idea, aggreghiamo il gruppo e alla fine entriamo nei dettagli e rendiamo operativo il viaggio. I viaggi sono fatti per persone con disabilità e sono sempre pensati “a coppie”, cioè un disabile ed un accompagnatore. Se la persona disabile non ha l’accompagnatore noi lo troviamo – normalmente – a titolo gratuito. La persona disabile ha a suo carico la quota che è sempre calcolata per coppia. Questo non vuol dire che non si possano aggiungere persone senza disabilità, singole o a coppie.

I viaggi Concrete comprendono TUTTO!
Assistenza 24/24 H; trasporti, da veicoli accessibili e confortevoli a tratte aeree ed in nave; sistemazione in hotel; pasti a “la carte”.

“Che aspettate allora? Preparatevi a partire verso una vacanza unica!”

Nota: I VIAGGI CONCRETE non comprendono ingressi a musei ed altre location, il visto d’ingresso nei paesi interessati – laddove necessario – e non comprende l’assicurazione per gli infortuni e per il rientro che è obbligatorio fare prima della partenza.

In quarant’anni di attività con le persone disabili, migliaia sono gli individui con i quali ho avuto a che fare. Disabilità e personalità differenti, con capacità e attitudini le più diverse, ma tutte con delle aspirazioni che volevano essere realizzate.

Anche le famiglie da cui provenivano queste persone sono state molto variegate, con coscienza e aspettative verso i propri figli a volte esagerate, a volte troppo riduttive nel valutare le possibilità di successo.
Nella maggior parte dei casi famiglie che, nonostante le difficoltà oggettive che una disabilità comporta, a volte aggravate dalle ristrettezze economiche, comunque progettavano il futuro dei loro figli e, per quanto possibile, li coinvolgevano in questa operazione.

Mi è capitato però, talvolta, di imbattermi in famiglie che per iperprotezione, senso di colpa ( ma di quale colpa stiamo parlando?), vergogna (ma di che cosa?) hanno negato ai lor figli, perchè disabili, la possibilità di avere, o almeno tentare, una vita piena come tutti gli altri, che significa amicizie, scuola, lavoro, amori, una nuova famiglia propria.
Famiglie soprattutto di estrazione medio-alta, con buone condizioni economiche, che finchè relativamente giovani hanno pensato di potersi sostituire in tutto e per tutto “agli altri”, che hanno tenuto i figli “separati dal mondo”.

Famiglie che, con il passare del tempo non hanno più avuto la forza e la voglia di accudire in maniera totale i propri figli; figli che con il passare del tempo si sono resi conto, impotenti, di quanto la vita fosse passata senza che loro avessero potuto realizzarsi.
In questo panorama che si ripete sempre, a noi che siamo operatori esperti, motivati e preparati su questo tema, il compito di intervenire, appoggiare, stimolare con il dovuto garbo ma anche con forza ed energia, affinche dall’inizo alla fine della sua vita, ognuno possa dire di aver soddisfatto questo DIRITTO AD UNA VITA PIENA … o almeno di averci provato.

Articolo a cura di Claudio Fontana

Quando ho iniziato a giocare a pallavolo in carrozzina non avevo una carrozzina super leggera come i miei compagni, ma una “leggera”, se così si poteva definire, dato che ogni volta che volevo andare in giro mi trovavo a dover rompere le scatole a qualcuno, perché da sola era ingestibile tirarla giù dalla macchina.

Purtroppo, la mia ex fisiatra non mi ha mai prescritto l’uso della carrozzina super leggera, ma solo di quella leggera, perché cammino (i grandi misteri della vita), e questo mi portava disagio e difficoltà nei movimenti.

L’anno scorso ho cominciato a giocare a pallavolo in carrozzina con Volley a 4 Ruote, ma mi sono trovata inizialmente in maggiore difficoltà rispetto ai miei compagni di squadra, perché, oltre a non essere abituata a muovermi da sola in carrozzina, la mia era anche più pesante rispetto a quelle sportive e super leggere dei miei compagni.

Volley a 4 Ruote! Ve lo ricordate? Ve ne abbiamo parlato qui!

Parlandone con una delle mie compagne, in particolare la mia migliore amica mi è venuta incontro regalandomi la sua, perché le doveva arrivare quella nuova e al posto di buttarla (dato che era ancora in buono stato) ha preferito cederla a me.

Il passo successivo è stato quello di farmi conoscere la sua fisiatra e, dopo varie pratiche burocratiche e la scelta dei vari materiali e del colore, ecco che finalmente pure io ho la mia carrozzina super leggera!

Beh, che dire, la mia vita quotidiana è cambiata: sono molto più attiva da quando ho la mia super leggera e mi sono già ribaltata una volta… anzi due! Ma fa parte del pacchetto!

Un mio compagno di squadra mi ha insegnato che se la carrozzina non la uso tutti i giorni le ruote gonfiabili tendono a sgonfiarsi. Quindi cerco di usarla con costanza e faccio attenzione alla manutenzione.

Articolo a cura di Maria Rosa Stassi

La Giornata Mondiale contro la violenza sulle Donne è una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999.

L’assemblea dell’ONU ha scelto il 25 novembre come data della ricorrenza e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica in quel giorno, quindi potevamo noi come cooperativa sociale e soprattutto come singoli individui che sperano ogni giorno nel progresso di questa società, rimanere in silenzio?

ASSOLUTAMENTE NO.

NON UNA DI MENO

E’ stata l’ONU a scegliere questa data in ricordo del sacrificio delle sorelle Mirabal, attiviste del Movimento 14 Giugno, un gruppo politico clandestino dominicano che si opponeva alla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo ed è proprio in Sud America che nel 2015 è nato il movimento femminista NI UNA MENOS – NON UNA DI MENO che si batte per i diritti delle donne , specialmente contro la violenza che drasticamente si trasforma in femminicidio.

Fortunatamente il campanello d’allarme, per questo problema che esiste sin dalla genesi dell’essere umano, si è acceso, insieme ad esso anche una sirena che giorno dopo giorno diventa sempre più forte.
Nonostante ciò è ancora una grande piaga del nostro secolo, lo dimostrano i media ma anche i dati statistici, ed è proprio su quest’ultimi che dovremmo soffermarci.

NUMERI PREOCCUPANTI

Secondo le indagini Istat risalenti al 2015 moltissime donne sono state vittime nel corso della loro vita vittime di almeno un episodio di violenza, tra le quali il 65% è disabile.
Ancora più recenti e specifici sono i dati dell’indagine VERA (Violence Emergence, Recognition and Awareness): oltre il 60% sono con disabilità motoria, il 17,4% con disabilità plurima, il 12,3% con disabilità sensoriale e l’8,7% con disabilità intellettiva, relazionale, psichiatrica o dell’apprendimento.

Oltre alla paura, alla mancanza di informazione e tutto ciò che può far scaturire un atto così disumano, tra le donne disabili un fattore ancora più delicato è la necessità di assistenza che potrebbe essere affidata ad aguzzini dai quali devono dipendere e la scarsità di centri antiviolenza non sempre preparati a gestire anche l’handicap.
Quindi al grido “NON UNA DI MENO”, incoraggiamo prima di tutto le donne a farsi sentire denunciando il proprio aggressore. Fortunatamente gli enti ai quali rivolgersi sono sempre più affidabili e pronti a gestire
le varie situazioni.

NON SEI SOLA

La realtà più sicura è la Rete D.i.Re, a cui aderiscono centri antiviolenza in tutta Italia. Li si può contattare telefonicamente o recarvisi di persona: sono elencati e collocati su un’apposita pagina web comecitrovi.women.it, con indirizzi, caratteristiche delle associazioni e attività svolte. Si tratta di centri che sono e che lavorano in collaborazione con esso.
Esiste inoltre un’app gratuita che, grazie alla geolocalizzazione, spedisce aiuo immediato tramite informazioni e riferimenti che connettono direttamente con i centri antiviolenza più vicini.
Incoraggiamo anche ognuno di voi, NESSUNO ESCLUSO, a non essere omertosi e ad essere sempre allerta ad ogni possibile grido o silenzio d’aiuto.

“La violenza è un sintomo di impotenza e codardia”.
A.Nin (scrittrice statunitense)

Articolo a cura di Lavinia Fontana

Vi riportiamo un articolo scritto dal Dottor Lorenzo Edera ed originariamente pubblicato sul Sole 24 Ore del 18 luglio 2017.

L’argomento è sicuramente delicato, ma può servire ad aprire ed abbattere ulteriori muri , che costringono la persona con disabilità in ambiti ancora poco esplorati e ancora con luci ed ombre.

Esperienze analoghe sono state fatte e realizzate in Regione Emilia Romagna.

Cè un’originale proposta di legge in Regione Lombardia.

A proporla sono i consiglieri del Movimento 5 Stelle. Il titolo è «Sperimentazione regionale per l’assistenza emotiva, affettiva e sessuale per persone disabili o con patologie invalidanti».

L’obiettivo sarebbe quello – come si legge nel testo proposto e depositato in Consiglio regionale – di garantire loro attività sessuale, in nome del «rispetto» e della «educazione».

Il documento spiega meglio che non si tratta di semplice assistenza sessuale, in quanto potrebbe risultare «riduttivo», ma di «assistenza all’emotività, all’affettività, alla corporeità e alla sessualità».

Il testo

L’ipotesi è che a aiutare questo percorso sessuale per disabili siano veri e propri assistenti sessuali: «un operatore professionale con orientamento bisessuale, eterosessuale o omosessuale che deve avere delle caratteristiche psicofisiche e sessuali “sane” (importanza di una selezione accurata degli aspiranti assistenti sessuali)….Questo operatore, formato da un punto di vista teorico e psicocorporeo sui temi della sessualità, permette di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale. Gli incontri si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico… fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell’esperienza orgasmica».

Medically retired Coast Guard Lt. Sancho Johnson takes a break from training so that he can spend time with his wife, Shundra, during the Navy Trials in Ventura, Calif., May 29. Johnson will be competing in the seated shot put and discus and hand cycling. (Department of Defense photo by EJ Hersom)

Il nuovo operatore e l’albo

L’operatore si chiamerà «operatore del benessere sessuale». Per la formazione ci sarà bisogno di un corso specializzato e sarà «costituito presso l’assessorato competente della Regione un apposito registro dove iscrivere gli Oeas (operatori all’emotività, affettività e sessualità per persone con disabilità o patologie invalidanti».

I corsi (da almeno 200 ore) saranno gestiti da onlus, i costi saranno a carico dei partecipanti; la Regione Lombardia contribuirà con un rimborso stabilito.

I requisiti

Tra i requisiti richiesti ci sono l’idoneità psicofisica e titoli qualificanti in professioni preferibilmente sanitarie e sociologico-assistenziali. Ma anche «avere una situazione socio economica che consenta loro una vita civile anche senza i compensi derivanti da questa attività» e la garanzia di «riservatezza sulla attività come segreto professionale nei confronti di terzi; alla stessa riservatezza saranno tenuti i partner preventivamente informati».

Sarebbe anche prevista una sperimentazione triennale, per cui verrebbero stanziati 100mila euro all’anno.

Così è scritto nella proposta di legge n. 357 di iniziativa consiliare, firmata dai consiglieri Macchi, Buffagni, Carcano, Casalino, Corbetta, Fiasconaro, Maccabiani, Nanni e Violi, già trasmessa alle commissioni consiliari competenti dal presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo.

Articolo a cura di Lorenzo Edera