LO STEREOTIPO ITALIANO

Lo stereotipo è l’idea o immagine semplificata e largamente riconosciuta di un particolare tipo di persona o cosa. Apparentemente, tutti quanti facciamo riferimento a stereotipi. Tutto il mondo ne è pieno e anche l’Italia ne ha un molti. In primis quelli che utilizziamo all’interno del nostro paese, ma sopratutto quelli che esportiamo in giro per il mondo. E quindi…

Come ci vedono all’estero e quali sono gli stereotipi più diffusi sull’Italia?

Cominciamo con questa carrellata di curiosi stereotipi che ci contraddistinguono come un marchio di fabbrica, quasi a voler dire che essere italiani è un vanto e allo stesso tempo qualche volta ci lasciano perplessi perchè forse stereotipi legati ad un italianità che oggi è più unica che rara, in quanto a livello generazionale molti di questi aspetti si stanno perdendo nel tempo. 

All’estero si parla tanto dell’Italia e degli italiani, argomenti di punta ci legano inesorabilemente alla storia, la cultura e la cucina di cui il nostro paese è veramente pieno.

Partiamo con l’elencare e descrivere alcuni degli stereotipi legati alla persona:

Gesticoliamo troppo?

E’ inevitabile che spesso ci facciano notare e ci venga attribuita la fama di gesticolatori, perchè fondamentalmente noi italiani non ci accontentiamo di infiocchettare un discorso importante o meno senza utilizzare con estrema semplicità i gesti delle mani. Con il rischio di sembrare animali selvaggi il nostro marchio di fabbrica ci impone di comporre una sinfonia verbale utilizzando come strumento anche la gesticolazione, siamo dei veri maestri in questo.

Il volume della voce?

Non è per tutti, però è innegabile che spesso e volentieri all’estero, quando ascoltiamo parlare qualcuno con un tono di voce “al di sopra del limite consentito” molte persone pensano subito “Quello è italiano!”. Altro marchio di fabbrica che spesso crea uno stereotipo è il tono della voce. Stiamo ancora cercando la levetta per abbassare il volume, ma non abbiamo idea di dove sia.

La mamma è sempre la mamma

E’ innegabile, vuoi che le statistiche europee parlano chiaro, cioè che i giovani italiani in media lasciano casa dei genitori molto tardi (30/33 anni), vuoi che non possiamo fare a meno in amore e odio della buona cucina della mamma. Gli Italiani vengono visti come eterni mammoni.

La cucina più buona del mondo?

La cucina più buona del mondo è italiana?, un italiano ti risponderebbe di si, all’estero 7 persone su 10 direbbero lo stesso. Lo stereotipi più diffuso all’estero riguarda la pasta e la pizza, sono praticamente i nostri trofei più preziosi di cui andiamo fieri. La nostra cucina però come ben sappiamo è rappresentata da una varietà molto più vasta, basti solo pensare che ogni regione italiana ha il proprio piatto rappresentativo, i propri prodotto locali, le bevande e tipologie diverse di preparazione dei piatti con metodi di cottura di ogni tipo. Siamo inoltre grandi produttori e consumatori di bevande alcoliche, con vini, liquori e grappe invidiate ed esportare in tutto il mondo.

Lo stereotipo del cibo per molto tempo ci ha confinati a pochi piatti conosciuti in tutto il mondo, fortunatamente la cultura culinaria è sempre più esportata all’estero, ma ovviamente un tour culinario nel nostro stivale è più che consigliato per chi vuole realmente scoprire l’elevata offerta che la cucina può offrire. Insomma, possiamo affermare che viviamo nel paese più bello del mondo e con la cucina più buona del mondo.

Siamo sempre alla moda

Più che il come ci vestiamo qui a casa nostra, perchè è innegabile che la forma di stile non sia una cosa che si vede tutti i giorni, non abbiamo l’usanza di andare a fare colazione al bar in smoking; però l’Italia che si vende all’estero ha un notevole pregio, il Made in Italy dell’alta moda è sicuramente un’altro fiore all’occhiello, tanto che se all’estero pensano che noi italiani siamo sempre vestiti bene e molto curati. I marchi più prestigiosi calcano le passerelle più famose di tutto il mondo ed è impossibile negarsi del buon sano shopping se si visita il nostro paese. Insomma, siamo visti come quelli sempre ben vestiti, curati e profumati… non sempre e non dappertutto, però ci piace.

In fondo essere Italiani non è poi così male.

Samuele Scafuro

Concrete Onlus

IL CONTRASSEGNO EUROPEO DIVENTA UNIFICATO

Oggi nella nostra rubrica legata all’informazione, vogliamo parlare di un argomento che interessa una la categoria di persone disabili il famigerato Contrassegno europeo finalmente diventa unificato.

Il Contrassegno europeo classico è associabile alla funzione che agevola il parcheggio o sosta nella aree indicate dove può essere utilizzato o nei normali parcheggi a pagamento (quelli blu) esenta dal totale pagamento della sosta, come avviene normalmente per altri veicoli privi di questo pass.

Hanno diritto al contrassegno auto per invalidi tutti i cittadini invalidi agli arti superiori, i disabili psichici e, più in generale, le persone affette da patologie che precludono la mobilità in autonomia. Le domande di rilascio dei contrassegni per le persone con disabilità possono essere presentate: presso gli uffici preposti dei Municipi di appartenenza. presso la ASL di appartenenza, attraverso il medico legale che rilascia il certificato medico.

Le migliorie per questo genere di pass hanno trovato un ulteriore sviluppo solo di recente, dopo il seguente decreto che ha finalmente portato un notevole upgrade al suo utilizzo, dove prima si avevano ancora impedimenti di natura tecnica.

Con la definitiva adozione del Decreto Ministeriale Infrastrutture del 5 luglio 2021, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 agosto 2021,  è stato istituito il Registro Pubblico CUDE, una banca dati nazionale online che contiene tutte le informazioni relative al Contrassegno Unificato Disabili Europeo.

La caratteristica del Contrassegno Unificato Disabili Europeo è quella di consentire, alla persona con disabilità, di circolare dove normalmente agli altri utenti è vietato, su tutto il territorio dell’Unione Europea, non solo in Italia.

Il Cude è un documento digitale, che sostituisce quello cartaceo, introdotto nel 2012.

Quali sono le novità più rilevanti: innanzitutto la digitalizzazione; il D.P.R. N°151/2012 «Regolamento in materia di strutture, contrassegno e segnaletica per facilitare la mobilità delle persone invalide» pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 203 del 31-8-2012 aveva già introdotto il CUDE con il nuovo formato europeo del contrassegno.

Il D.M. del 5 luglio non ha fatto altro che seguire il regolamento del 2012 ed istituire il registro per raccogliere e comunicare i dati dei contrassegni in modo tale che, applicando un microchip elettronico sul contrassegno disabili, i dati potessero (possono) essere letti e controllati in tempo reale tramite un dispositivo collegato a detto registro.

Queste e altre informazioni le si possono trovare sul sito del Ministero dei Trasporti.

Cristian Belluzzo

Concrete Onlus

LO STATO SIAMO NOI

Molte volte mi è capitato per ragioni di lavoro o semplicemente come semplice cittadino, di parlare per nome e per conto dello Stato, di rappresentarlo in qualche modo. Di fronte a me avevo persone come me che però sembravano essere “dall’altra parte della barricata”, di sentire lo Stato come un elemento estrano, qualche cosa di avverso e da combattere.

Tutto questo, probabilmente, per una confusione che siamo portati a fare, cioè confondere lo Stato con chi in quel momento lo rappresenta: uomo politico, impiegato dell’agenzia delle entrate, poliziotto o carabiniere. Oppure quando sentiamo lo Stato come un’entità impersonale, anonima, una macchina senza sentimenti pronta a macinare tutto e tutti.

Non che io non abbia provato questo tipo di sensazioni, ma non le ho mai condivise perché accettarle significa “lasciare agli altri qualche cosa che è tutti e perciò anche mio”, significa subire i soprusi di chi rappresenta in quel momento “indegnamente” lo Stato, essere soggetto gli abusi di potere che in quanto abusi sono da limitare e non da avvallare, oppure l’indifferenza del funzionario che si accorge dell’ errore della burocrazia o dell’inadeguatezza della norma e non fa nulla per superarla o segnalarla.

Tutte le volte che ci imbattiamo nello Stato dobbiamo sentirlo come nostro, un organismo collettivo di cui facciamo parte a pieno titolo e sul cui comportamento dobbiamo sempre dire la nostra ma in maniera obiettiva senza prendere in giro nessuno e anzitutto noi stessi

  • – Quando ci arriva una contravvenzione pensiamo se abbiamo rispettato la norma, oppure se eravamo in regola o se qualcuno a voluto forzare la norma e poi comportiamoci si conseguenza
  • – Quando si tratta di pagare le tasse, utilizziamo pure tutte le agevolazioni e riduzione di cui abbiamo diritto (facciamoci anche aiutare, non è bello essere ignoranti), ma poi paghiamole perché sono il “salario dello Stato” e nessuno di noi ha piacere quando non pagano o ritardano il pagamento dello stipendio o di una fattura.
  • – Quando diciamo che vogliamo una vita lunga per noi e i nostri figli, allora facciamo veramente la differenziata, non buttiamo l’olio o la vernice nel lavandino e, perché no, raccogliamo i rifiuti abbandonati per strada, anche se li hanno lasciati gli altri

Certamente anche lo Stato sbaglia, o non si comporta correttamente, il più delle volte perché chi lo rappresenta in quel momento non è all’altezza della situazione oppure è menefreghista o peggio ancora fa solo i suoi interessi personali in malafede. 

Ma lo Stato ha le sue forme di autocontrollo, nelle procedure, nei tribunali e nella giustizia, nei politici che ancora sanno cosa vuol dire questo termine.

E anche quando queste cose non funzionano più o sono lente o incredibilmente distorte e lontane da quello per cui erano state pensate, esiste il dissenso, la protesta, la disubbidienza, l’obiezione, tutto svolto però in una maniera civile che non perda mai l’orientamento sul perché si obbietta, si dissente, si disubbidisce …. per riportare le cose in ordine come dovrebbero essere, oppure cambiarle per migliorarle.

Lo Stato è nostro, è frutto delle regole e del nostro comportamento e quando sbaglia e sia allontana da noi cittadini è nostro dovere dissentire per riportarlo sulla strada giusta. 

L’alternativa è quella di diventare “vittime” dello Stato e quindi di soccombere, oppure quella di omologarsi a questo sistema e di diventare a nostra volta carnefici degli altri. 

Niente di tutto questo deve essere la nostra prospettiva: ricordiamoci sempre che lo Stato siamo anche noi e in questo senso sentiamoci responsabili di quello che nello Stato accade.

Claudio Fontana

Presidente Concrete Onlus