Cosa è cambiato in termini di Green Pass?.

A partire dal 1°maggio in Italia non sono più richiesti in molti settori. 

Mascherine

Fino al 15 giugno “è rimane l’obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2 pera ccedere a:

  • mezzi di trasporto
  • spettacoli aperti al pubblico che si svolgono al chiuso in sale teatrali
  • sale da concerto
  • sale cinematografiche
  • locali di intrattenimento e musica dal vivo
  • eventi e competizioni sportive che si svolgono al chiuso 

L’obbligo di indossare i dispositivi di protezione rimane per il lavortori di categira operanti nei seguenti luoghi:

  • gli utenti e i visitatori delle strutture sanitarie socio-sanitarie e socio-assistenzialile residenze sanitarie assistite (RSA)
  • gli hospice
  • le strutture riabilitative
  • le strutture residenziali per anziani 

Resta solo “raccomandato” l’utilizzo dei dispositivi di protezione negli altri luoghi di lavoro, pubblici e privati, a meno che il protocollo non lo imponga. Resta solo “raccomandato” l’utilizzo dei dispositivi di protezione: ristoranti, centri commerciali e negozi.  Le nuove misure sulle mascherine resteranno in vigore fino al 15 giugno. Successivamente verranno apportate modifiche in base all’andamento della pandemia. 

Green pass

L’utilità della certificazione verde sarà solo quella di prova dell’avvenuta vaccinazione. 

Non sarà più obbligatorio richiedere il Green Pass nei in luoghi come ristanti, cinema, teatri e non verrà più richiesto nei luoghi di lavoro .

La certificazione invece continuerà a venire richiesta dino al 15 giugno nelle RSA, hospice e reparti di degenza degli ospedali, come disposto  

Cristian Belluzzo

Concrete Onlus

Ci sono situazioni paradossali dalle quali dovremmo trarre insegnamento e, invece, quando si ripresentano, ci facciamo trovare immancabilmente impreparati.

E se la prima volta si poteva dire che non ce lo aspettavamo, le volte successive è sicuramente stata colpa della nostra mancata lungimiranza, forse pigrizia, io direi cialtroneria.

Questo è il caso di alcuni settori che, andati in crisi totale per la pandemia, hanno visto una impennata nella ripresa, soprattutto dopo il 15 maggio, con la cessazione dello stato di emergenza. Vogliamo soprattutto parlare del turismo e dei trasporti.

Molte delle aziende che operavano in questo settore hanno chiuso e non hanno più riaperto; sono fallite, sono state messe in liquidazione, semplicemente si sono estinte perché il personale impiegato e le imprese coinvolte – soprattutto le medio piccole – non ce la facevano più, non potevano aspettare più a lungo interventi di sostegno che non arrivavano, che insufficienti – per non dire ridicoli – arrivavano con molto ritardo rispetto al bisogno.

E allora adesso ci ritroviamo che se cerchiamo un cameriere, un barista, un autista qualificato non lo troviamo! Siamo la Patria del turismo, abbiamo una richiesta altissima perché la gente dopo la pandemia vuole riprendere a vivere, vuole recuperare il tempo perduto e noi perdiamo moltissime occasioni di lavoro perché non possiamo soddisfarle.

Ma dove sono finiti tutti, tutti quelli che prima del Covid facevano questi mestieri, non saranno mica emigrati tutti o, peggio ancora, deceduti per il virus? Niente di tutto questo, semplicemente non si fidano più, sono stati traditi e abbandonati durante la pandemia e ora non vogliono fare la figura dei fessi, non vogliono fare più un mestiere che gli piaceva molto, in cui erano molto bravi, erano un eccellenza ma che li lasciati veramente e improvvisamente “con il culo per terra£”.

Meglio fare l’autista per un corriere, il commesso nella grande distribuzione o l’impiegato in qualche multinazionale; questi sono impieghi che hanno visto schizzare il loro utilizzo durante la pandemia e insieme ad essi anche gli stipendi.

Il cittadino e le imprese non ce la possono fare da sole. Hai voglia a parlare di libero mercato e libera iniziativa, qui c’è bisogno di qualcuno che programmi, che regoli, che abbia il controllo del sistema economico e degli strumenti legislativi e questo è soltanto lo Stato, con la S maiuscolo.

Quello che abbiamo incontrato in quei giorni è stato uno Stato che la S non solo ce l’aveva minuscola ma proprio se l’era dimenticata. Quello di cui abbiamo bisogno adesso è uno Stato che sani queste difficoltà, che dia sicurezza a queste categorie per il futuro, che prenda dei provvedimenti affinchè le occasioni di lavoro presenti non si perdano. Adesso che finalmente “abbiamo il pane, cerchiamo di conservarci i denti”. 

Claudio Fontana

Concrete Onlus

                                             

Oggi si parla molto di ripresa economica e della graduale uscita dal tunnel infinito della pandemia, che portò una crisi di scala globale lavorativa ed emotiva. Il turismo e tutto ciò che ne consegue, è un settore che negli ultimi due anni, complice la pandemia, ha riscontrato diversi problemi a ripartire.

Oggi la ripresa sta avvenendo gradualmente e settori come il turismo sono i grande fermento per i mesi estivi che si avvicinano, molti italiani sceglieranno come meta delle loro vacanze l’Italia e la stessa cosa molte persone provenienti dall’estero. Ma la bella stagione porta con se molte polemiche riguardanti principalmente la mancanza di lavoratori stagionali.

La stagione delle vacanze si avvicina e oggi più che mai il dibattito si sposta sulla difficoltà nel trovare personale adatto e che voglia ovviamente lavorare a determinate condizioni economiche. Senza polemizzare ulteriormente, in quanto inutile se non si ha una visione piena della situazione, proviamo ad analizzare i punti che hanno portato a questa situazione.

Sfatiamo il mito che gli Italiani non hanno voglia di lavorare, gli italiani sono sempre stati grandi lavoratori, ovviamente esistono anche persone che non hanno voglia di rimboccarsi le maniche. In molte realtà lavorative nel nostro paese è più frequente che la mancanza di voglia di lavorare venga indotta principalmente dalla precarietà, salari non adeguati, qualità del lavoro, un mix che porta molte persone a porsi delle domande; principalmente di natura esistenziale.

Chi è alla ricerca di un lavoro cerca principalmente delle GARANZIE, che portino ad un cambio di rotta e a non dover necessariamente attingere a fondi di aiuto come il Redito di Cittadinanza che trova sicuramente dei PRO e dei CONTRO in base al contesto in cui viene messo, se consideriamo che molte persone che vi attingono (furbetti a parte) hanno perso la loro occupazione o in precedenza non trovando alternative erano dirottate al lavoro in nero.

La carenza di lavoratori, le due facce di una medaglia, bisogna fare molta attenzione alla visione di stampo imprenditoriale che viene applicata al lavoro, ne conseguirà un cambio di visione anche da parte del dipendente o potenziale nuovo dipendente. La chiave di lettura deve cambiare rotta verso una maggiore sensibilità RAPPORTO professionale ed umano, garantire delle garanzie ed equità, garantire un contratto di lavoro con paghe adeguate; bisogna quindi allontanarsi dalla mentalità di sfruttamento a proprio favore. Il lavoro stagionale comprende categorie come camerieri, baristi, cuochi, bagnini, animatori e molti altri, spesso trattate in maniera disumana e sfruttate solo perchè viste come di seconda categoria, quando in realtà sono il motore del nostro paese.

Perché non ci sono persone disposte a fare lavori stagionali

“Offerte da 800-1.000 euro per lavorare 6 giorni su 7 per 10-12 ore al giorno”

Non è solo il fattore economico che sta portando molte persone ad allontanarsi dai lavori stagionali, ma è un mix di ingredienti che mescolati insieme portano le persone a porsi delle domande profonde. La tendenza del lavoro sta cambiando, i mercati stanno cambiando e ovviamente le alternative offerte ai giovani che vogliono un primo approccio al mondo del lavoro e alla loro prima esperienza lavorativa sta cambiando. Uno dei fattori principali è IL TEMPO, un giovane che si deve rapportare con il mondo del lavoro considera il tempo un investimento, e valutare proposte di lavoro dove il proprio tempo viene sottopagato, dove l’apprendimento è molto approssimato e dove non ci sono prospettive di crescita interne, invoglia un giovane a dedicarsi in altro piuttosto che lanciarsi all’avventura di un lavoro stagionale che non è i grado di garantire prospettive.

La tendenza del lavoro sta cambiando, e i lavori nel settore turistico suscitano sempre meno interesse nei giovani, spostando l’attenzione ad offerte di lavoro che possono dare molta più autonomia (smart working), in settori come la tecnologia, servizi di logistica e molti altri; questi settori promettono inoltre prospettive di crescita in ambienti dinamici, propongono una maggiore flessibilità, esattamente quello che cerca un giovane.

Viviamo in un periodo storico “post pandemia” dove sono emerse nuove possibilità di lavoro che hanno spostato l’attenzione dei giovani verso altro, cercando nuovi stimoli e opportunità e dando maggior valore al TEMPO; tutte cose che il settore del turismo ancora non è in grado di dare e che forse mai potrà, a meno che non inizi una vera propria rivoluzione nel modo di concepire l’offerta di lavoro.

Vivere per lavorare o lavorare per vivere?

Samuele Scafuro

Concrete Onlus