Un fenomeno che si sta diffondendo anche in Italia – Parte 2

Il giovane hikikomori si ritira gradualmente dalla società, rifugiandosi nella propria stanza, considerata una “zona di comfort” lontana dalle pressioni esterne. Questa scelta di isolamento è spesso una risposta alle aspettative sociali elevate, incluse quelle familiari, o a esperienze negative come il bullismo. Tale ritiro diventa una dipendenza comportamentale che, se non affrontata, si intensifica nel tempo.

Marco Crepaldi evidenzia la natura dinamica dell’hikikomori, che attraversa fasi di incremento, stabilizzazione e regressione. Identifica tre stadi verso l’isolamento totale, sottolineando l’importanza di intervenire precocemente, quando il giovane inizia a mostrare segni di asocialità e inversione del ritmo sonno-veglia.

L’approccio all’aiuto deve essere empatico, paziente e basato sulle reali esigenze del giovane, evitando soluzioni drastiche che potrebbero aggravare la situazione. Crepaldi propone l’intervento dei “facilitatori”, volontari che condividono interessi e linguaggi con l’hikikomori, per instaurare un dialogo e incoraggiare il recupero delle competenze sociali perse.

Questi facilitatori possono successivamente introdurre l’individuo in comunità specializzate, dove professionisti quali psicologi e educatori supportano il recupero attraverso attività che promuovono l’interazione sociale. Crepaldi sottolinea l’importanza di apprendere dall’esperienza positiva giapponese in questo ambito, evitando pratiche coercitive e sfruttatrici.

In conclusione, la soluzione risiede nell’incoraggiare una scelta volontaria di uscita dall’isolamento da parte dell’hikikomori, riconoscendo la necessità di un supporto sensibile e rispettoso.

Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.

La seconda edizione dell’evento “Videogames ed eSports accessibili per tutti” si è tenuta recentemente in cinque località diverse in Italia, organizzata dalla Fondazione ASPHI Onlus e dalla Fondazione FightTheStroke, con il sostegno di Lenovo Foundation e della Fondazione Mazzola. L’evento ha visto la partecipazione di esperti come psicologi e psicoterapeuti specializzati in videogiochi, oltre a un pubblico composto principalmente da persone con disabilità, in particolare bambini e adolescenti tra i 6 e i 13 anni, famiglie, associazioni e professionisti della riabilitazione.

L’iniziativa si è rivelata un grande successo, dimostrando il potenziale dei videogiochi come strumento di apprendimento, sviluppo personale e sensibilizzazione. I videogiochi ben progettati possono offrire opportunità educative e affrontare temi sociali, ambientali e collettivi.

Tuttavia, la realtà in Italia mostra una lacuna significativa nell’inclusione sociale delle persone con disabilità, con oltre il 79% che dichiara di non partecipare attivamente alla vita sociale e di essere insoddisfatto della qualità del proprio tempo libero, secondo i dati ISTAT. Inoltre, esiste una marcata disparità nell’accessibilità digitale, con solo il 59% delle persone con disabilità lievi o moderate che hanno accesso a Internet, percentuale che scende al 36% tra coloro che hanno limitazioni gravi.

In questo contesto, Lenovo si impegna a migliorare l’accessibilità attraverso i videogiochi, sfruttando le tecnologie più avanzate e l’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di costruire un futuro più inclusivo per tutti.

Cristina Zangone

Sono nata a Milano e mi sono formata nel campo dell’informatica. Nonostante il mio attuale impegno nel mondo del lavoro, con due occupazioni, non ho mai smesso di studiare. La mia passione è viaggiare e scoprire nuovi luoghi, accompagnata spesso dalla musica che amo ascoltare. Nonostante le sfide della mia condizione, essendo una persona disabile e utilizzando una carrozzina, affronto la vita con determinazione e curiosità.

Il Gruppo Solidarietà di Moie di Maiolati Spontini, Ancona, si distingue per il suo impegno attivo nelle politiche sociali, con un focus particolare sulle questioni riguardanti gli amministratori di sostegno. Di recente, sono stati pubblicati diversi materiali che approfondiscono questa tematica:

– Un’intervista a Elena Cesaroni, giurista e pedagogista di Pesaro, dal titolo “Protezione giuridica e amministratore di sostegno. La necessità di una riflessione”, che sottolinea l’importanza di una maggiore riflessione sul ruolo e le responsabilità dell’amministratore di sostegno nella protezione legale degli individui.

– Il testo di una sentenza del 6 luglio 2023 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha criticato l’Italia per l’uso improprio della figura dell’amministratore di sostegno e per la violazione del diritto alla vita privata in un caso che coinvolgeva un professore.

– Il Codice Etico e di Comportamento dell’amministratore di sostegno, elaborato dall’Ufficio di Protezione Giuridica dell’ASST di Mantova a dicembre 2022. Questo documento, strutturato in sette sezioni, delinea i principi, i valori, i criteri di condotta, i poteri, i diritti, le responsabilità e le possibili violazioni legate alla figura dell’amministratore di sostegno.

Inoltre, l’ANFFAS ha inviato una lettera aperta alla Ministra per la Disabilità e al Ministro della Giustizia, evidenziando l’urgenza di riformare la normativa relativa all’amministratore di sostegno per garantire una maggiore tutela dei diritti delle persone con disabilità.

Cristina Zangone

Sono nata a Milano e mi sono formata nel campo dell’informatica. Nonostante il mio attuale impegno nel mondo del lavoro, con due occupazioni, non ho mai smesso di studiare. La mia passione è viaggiare e scoprire nuovi luoghi, accompagnata spesso dalla musica che amo ascoltare. Nonostante le sfide della mia condizione, essendo una persona disabile e utilizzando una carrozzina, affronto la vita con determinazione e curiosità.

Assortopedia, Fish onlus, Simfer e la Dott.ssa Fernanda Gellona, Direttore Generale di Confindustria Dispositivi Medici, hanno espresso critiche sulla revisione del Nomenclatore Tariffario, ritenendolo inadeguato. Anita Pallara, Presidente dell’Associazione Famiglie SMA e atleta di powerchair football, sottolinea le difficoltà nella pratica sportiva per persone con disabilità a causa della mancanza di protesi e ausili tecnologicamente avanzati, non coperti dal Sistema Sanitario Nazionale.

Il nuovo Nomenclatore Tariffario, atteso come un miglioramento, ha deluso le aspettative per la sua inadeguatezza nel rispondere alle esigenze attuali, lasciando spesso le persone a fronteggiare da sole i costi degli ausili. Questo documento, rilasciato dal Ministero della Salute, specifica le tipologie e le modalità di fornitura di protesi e ausili a carico del SSN e sarà pienamente operativo dal 1° aprile 2024.

Recenti sviluppi legislativi hanno riconosciuto l’importanza sociale e il beneficio psicofisico dello sport, culminando nell’inserimento dello sport nella Costituzione attraverso una modifica all’Art. 33 e l’introduzione di un nuovo comma, con l’ultima approvazione della Camera dei Deputati il 20 settembre.

Cristina Zangone

Sono nata a Milano e mi sono formata nel campo dell’informatica. Nonostante il mio attuale impegno nel mondo del lavoro, con due occupazioni, non ho mai smesso di studiare. La mia passione è viaggiare e scoprire nuovi luoghi, accompagnata spesso dalla musica che amo ascoltare. Nonostante le sfide della mia condizione, essendo una persona disabile e utilizzando una carrozzina, affronto la vita con determinazione e curiosità.

Insegnare ai figli un uso consapevole e positivo della tecnologia digitale

In un mondo sempre più dominato dalla tecnologia, è innegabile che essa giochi un ruolo fondamentale in molteplici aspetti della vita quotidiana, inclusi il lavoro e l’educazione. I bambini di oggi nascono in un’era digitale, guadagnandosi l’etichetta di “nativi digitali”. Tuttavia, le loro esigenze affettive e comunicative rimangono invariate rispetto a quelle delle generazioni precedenti.

Personalmente, ritengo che l’esposizione diretta ai dispositivi digitali dovrebbe essere limitata fino ai dodici o tredici anni di età, sebbene riconosca che ciò possa risultare spesso impraticabile. Questo perché gli adulti stessi, compresi i genitori, faticano a distaccarsi dai loro dispositivi, come gli smartphone.

Nonostante ciò, quando i ragazzi raggiungono un’adeguata maturità e si è consolidato un legame affettivo solido, diventa inevitabile introdurli agli strumenti digitali, che ormai permeano il loro ambiente. Pertanto, l’obiettivo non dovrebbe essere quello di demonizzare la tecnologia, ma piuttosto di imparare a utilizzarla in modo consapevole e costruttivo.

Tra i rischi associati all’uso eccessivo della tecnologia ci sono l’affaticamento visivo, postura scorretta, disturbi del sonno e dell’umore, iperattività e una diminuzione della capacità di concentrazione. Altrettanto preoccupante è il potenziale distacco dai rapporti sociali reali, che può portare a condizioni come l’hikikomori.

Per i bambini più piccoli, è cruciale la presenza costante di un adulto durante la loro prima esperienza con i dispositivi digitali. Lasciarli soli con tali strumenti può risultare dannoso. La dottoressa Elisa Trezzi, pedagogista, suggerisce alcuni consigli fondamentali per un approccio equilibrato alla tecnologia:

– Stabilire regole chiare e limiti di tempo sull’uso dei dispositivi.

– Utilizzare il controllo parentale per filtrare i contenuti inappropriati.

– Dare il buon esempio limitando il proprio uso di dispositivi digitali.

– Designare momenti della giornata privi di connessioni online, come durante i pasti o prima di coricarsi.

– Coinvolgersi nelle attività online dei figli, condividendo interessi e giochi.

– Educare i figli ai pericoli della rete, insegnando loro a riconoscerli e a difendersi.

È essenziale alternare momenti tecnologici a esperienze nella vita reale, permettendo ai bambini di esplorare il mondo attraverso il gioco, la lettura, lo sport e altre attività creative.

Se utilizzata correttamente, la tecnologia può arricchire significativamente l’esperienza dei bambini, supportando anche l’apprendimento di coloro che presentano particolari esigenze educative, come i bambini con DSA. Tuttavia, è fondamentale ricordare che nessuna tecnologia può sostituire il valore insostituibile delle relazioni umane positive nello sviluppo di un bambino.

Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.