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Quando parliamo di “fuga di cervelli” intendiamo quelle persone preparate e qualificate che non trovano in Italia un lavoro adeguato e sono costrette a recarsi all’estero dove, non solo riescono a lavorare, ma sono anche molto apprezzate per le loro capacità e professionalità.

La fuga è sempre più una realtà quantitativa: oltre 300.000 sono coloro che se ne sono andati dall’Italia nei primi 10 mesi di questo 2019. Ma l’emorragia rischia di crescere, perchè non è solo la necessità di trovare un’occupazione che spinge le persone, soprattutto i giovani, a espatriare, ma anche le condizioni di lavoro, per chi un lavoro ce l’ha già: tasse altissime, burocrazia soffocante, scarsità di ricerca e di spinta all’innovazione rendono difficile se non impossibile lavorare in Italia.

E questo è ancora più evidente per coloro che cercano d’intraprendere un’attività in proprio e non trovano supporto burocratico, logistico e finanziario: tante regole confuse e poco chiare che fanno passare la voglia d’incominciare, difficoltà a trovare consulenze serie, economiche e che veramente portino ad un risultato, banche disponibili ad offrire risorse ad interessi sempre troppo alti rispetto a quelli reali e soltanto a coloro che possono dare garanzie.

Insomma, una realtà nella quale chi è già ricco lo diventa sempre di più, oppure dalla quale bisogna fuggire per non rimanere intrappolati e soffocati.

Attenzione, perchè tutto questo non fa bene all’Italia, spinge alla reazione, alla rivolta e alla distruzione che è sempre molto rapida rispetto alla costruzione che è lenta e faticosa.

Meditate gente.

Articolo a cura di Claudio Fontana.

Tutti pensavamo che, con la legge Bersani, il processo di semplificazione e di progressiva riduzione della burocrazia fosse incominciato …ILLUSI!

Era soltanto un piccolo break, uno specchietto per le allodole per  ricominciare in una maniera più serrata e estenuante la complicazione della burocrazia.

Me ne sono accorto ieri, quando sono andato alla Motorizzazione per iscrivere alla patente da privatista una delle mie figlie. Mi sono venuti in mente ricordi di quando, oltre 40 anni fa feci la mia prima patente A, quella della moto: un semplice modulo, pochi minuti e tutto era pronto… ho ancora un bel ricordo di quell’esperienza.

Ieri, invece, un incubo!

Anzitutto le complicanze burocratiche rendono tutte le procedure più lunghe: prendo un numero, ci sono due sportelli dedicati, ci sono altri dieci davanti a me… quasi due ore di attesa, pensate! Vuol dire che ci sono voluti in media 12 minuti per ogni semplicissima pratica di acquisizione di documenti o di prendere appuntamenti, perchè di questo si trattava.

Arriva il mio turno, e, dopo due ore di attesa, puoi essere in due condizioni: sei ridotto ad uno zerbino e hai una servile disponibilità fantozziana, oppure sei incazzato come una bestia – sempre fantozzianamente parlando – e diventi una belva umana incontrollabile.

Ieri mi ero imposto la prima strada, perché dopo due ore non volevo rischiare di fallire, ma cosa scopro? Non bastano più le fotocopie di documenti come carta identità o carta dei servizi, ma servono gli originali in visione!!! Ma se sono venuto io con una delega, perchè mia figlia è via, come faccio ad avere i suoi documenti? Ne avrà bisogno lei no?

Ma non è tutto ridicolo, quando tutte le nostre info (scrivo così perchè è più attuale) sono contenute nel codice fiscale e nello stesso modulo dove lo indichiamo appena sotto ci fanno scrivere data e luogo di nascita?!? MA C’È SCRITTO TUTTO! NON LO VEDI, BECERO IMPIEGATO CHE NON TI RIBELLI ALLA STUPIDITÀ DI QUESTE COSE?!?

È come se ci fosse indicato di scrivere il nome e cognome due volte di fila. E così è anche per tutte le altre informazioni.

Comunque, tornando alla Motorizzazione e alla mia pratica, sono spaventato, ho paura. Mi dico: “Adesso cosa faccio? Ho sprecato tutto questo tempo?”
Fortunatamente, un barlume di ragionevolezza e di compromesso – tutto italiano – compare sulle labbra di quella Corazzata Potëmkin dell’impiegata che è di fronte a me. Mi dice: “Vuol dire che gli originali me li porterà quando verrà a prendere l’appuntamento per l’esame.”

Il problema è che lo fa con tutto il peso di farmi una concessione e – anche questo, tutto italiano – di farmi sentire l’importanza del suo piccolo potere, che ha in questo momento su di me nel farmi questa piccola “concessione”.

Vorrei che fosse il Vaffa Day (a quello vero non ci sono mai andato e non penso ci andrò mai) per poterle dire: “Sai che giorno è oggi?”.
MA NON SAI CHE SEI UNA CITTADINA COME ME? PERCHÈ NON CI ALLEIAMO E CI RIBELLIAMO ALLA BUROCRAZIA, QUANDO È COSÍ STUPIDA?

E invece no. Me ne vado con la coda tra le gambe, felice di aver portato a casa un risultato e, per oggi, di essere stato Fantozzi tappetino.

MA NON SARÀ SEMPRE COSÌ!?!

Articolo a cura di Claudio Fontana

Se la fede si misurasse dal rispetto dei precetti delle religioni, probabilmente saremmo tutti atei, oppure, se per essere sportivi bastasse guardare i programmi televisioni dedicati allo sport, molti di noi sarebbero dei grandi atleti.

Così, purtroppo, è anche per lo Stato, troppe volte confuso e nascosto, offuscato, frainteso con la burocrazia. Una burocrazia che ci soffoca, ci assilla, si autoriproduce, che non ha più una finalità pratica, se non quella di annientare il cittadino e di far sentire importante chi in quel momento sta seduto dall’altra parte della scrivania.

E questo è ancor più ridicolo, perchè chi è in questa posizione è il primo a lamentarsi, a essere insoddisfatto, ma poi quando tocca a lui nell’esercizio delle sue funzioni ad esercitare il buon senso, a doversi ricordare che la burocrazia dovrebbe essere al servizio dei cittadini e non viceversa, vuole il rispetto ottuso delle procedure, anche quando queste hanno perso qualsiasi connessione con l’argomento, con l’azione e l’aspetto pratico che dovevano supportare.

Un esempio pratico: recentemente mi è capitato di recarmi presso l’area ecologica del mio comune, dove sono sempre andato fino ad un mese prima senza problemi, e mi sono sentito dire che non potevo più recarmi li con un furgone ma solo con un'”auto”, che così prevede la legge e che il mio comportamento era a rischo di “penale”.

Quando ho provato ad obiettare che così si era fatto fino ad un mese prima e che nessuno si era preoccupato perlomeno di avvertire i cittadini (i siti web esistono anche per questo e possono fornire informazioni h/24) mi è stato detto in maniera lapidaria che “la legge non ammette ignoranza” e che se volevo disfarmi di materiale ingombrante che non stava nell'”auto” potevo prenotare il servizio sgombero del comune, cosa che ho fatto, e da fine gennaio mi hanno mandato al 7 marzo (come una TAC), ma soprattutto mi hanno detto che porteranno via non più di tre pezzi. Ma pezzi di che cosa non sono stati capaci di specificarlo.

Capite bene che una persona (cittadino) che sta a casa dal lavoro per poter rispettare gli orari dell’area ecologica, si vede respinto una prima volta perchè le disposizioni sono cambiate e non c’è stata informazione, viene accusato/minacciato di essersi sempre comportato male e contro la legge e quindi passibili di sanzioni anche penali, quando cerca di mettersi sulla “retta via”, trova a dover lotare contro lungaggini, inefficenze e “vacuità delle norme” come può reagire? Può amare il suo Stato – nel mio caso il comune che è una delle sue espressioni decentrate – ?

Stiamo attenti perchè è proprio questo il rischio occulto, ma non troppo, della burocrazia, farci allontanare dallo Stato, farcelo detestare e in questo modo lasciare il campo libero agli altri, a quelli moralisti e bacchettoni di facciata che poi invece le leggi e le regole non le rispettano ma voglionio farle rispettare agli altri, quelli che nelle intercettazioni telefoniche ci prendono tutti per i fondelli come “gli stupidi” che si attengono alle regole mentre loro fanno quello che vogliono.

NON FACCIAMOCI TURLUPINARE. NON FACCIAMOCI FREGARE. LO STATO È NOSTRO, LO STATO SIAMO NOI E QUANDO CI PROVANO, PROTESTIAMO, OBIETTIAMO, OCCUPIAMO. NON LASCIAMO SPAZIO A QUESTI INDIVIDUI, CHE TUTTO FANNO TRANNE CHE SERVIRE LO STATO… E TUTTE LE SUE DECLINAZIONI.

Articolo a cura di Claudio Fontana.