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Da cosa ha origine questa festa così popolare?

La parola “Halloween” deriva dal termine scozzese “All Hallows’ Eve”, dove “Eve” sta per “even” (poi contratta in “e’en” o “een”), che significa “sera” o “vigilia”, mentre “Hallows” è una parola arcaica per “Saints”, cioè “Santi”: è, in sostanza, la “Vigilia di tutti i Santi”, e corrisponde, praticamente, al nostro “Ognissanti” del 1° Novembre; soltanto che, essendone la vigilia, si svolge la sera prima, il 31 Ottobre. È una festività molto sentita nel mondo anglofono, che ormai ha preso piede anche in Italia e in diversi altri paesi, prevalentemente “occidentali”. Tuttavia, la sua origine è molto antica, risalente al Capodanno celtico, lo “Samhain”, che celebrava il passaggio dalla stagione estiva a quella autunno-invernale, e quindi la fine del raccolto e il suo immagazzinamento come riserva per i duri e freddi giorni a venire; in questo periodo, in cui si passava dalla luce delle lunghe giornate estive al veloce calare delle tenebre autunnali e invernali, si credeva che il confine tra il mondo terreno e l’“Aldilà” si assottigliasse, tanto da permettere alle anime dei defunti (che riposano sotto terra, proprio come i semi piantati in Autunno per l’anno a venire, durante l’Inverno) di oltrepassarlo per andare a trovare i vivi… La cosa era abbastanza inquietante! Per “ingraziarseli”, ed evitare eventuali vendette, la gente preparava del cibo, soprattutto dolci, da offrire loro in caso di visite, nonché delle luci per indicargli la strada di casa, che consistevano in candele racchiuse dentro rape intagliate a questo scopo… Ed ecco spiegati gli stuoli di bambini e ragazzi travestiti da fantasmi, streghe e mostri vari, che la notte di Halloween bussano alle porte delle case, muniti di appositi contenitori, pronunciando la famosa e minacciosa richiesta: “Dolcetto o Scherzetto?” (in inglese: “Trick or Treat?”); le figure impersonate rappresenterebbero gli spiriti “malintenzionati”, per acquietare i quali, ed evitare eventuali brutti scherzi da parte loro, la gente si premura di avere in casa una scorta sufficiente di dolciumi da regalargli… La celebre zucca illuminata all’interno sostituirebbe le primitive rape, poiché, oltre ad essere più grande e quindi più facile da intagliare, è un ortaggio che si trova più facilmente negli Stati Uniti, da dove questa tradizione è giunta fino a noi…Ma come mai proprio da qui, nonostante la sua origine sia celtica? Perché l’Irlanda è diventata la terra che ha ereditato maggiormente questa antica cultura, e quando, a partire dal 1800, molti Irlandesi emigrarono in America, spinti dalla povertà e in cerca di fortuna, portarono con sé queste usanze, che si diffusero poi a una gran parte del mondo occidentale. La zucca, con la sua smorfia ricavata nella scorza e la candela all’interno, si ricollegherebbe anche alla leggenda di “Jack-o’-lantern”: questi era un furbo fabbro irlandese, ubriacone, che riuscì ad ingannare più volte il Diavolo, incontrato una sera in un pub. Cominciò chiedendogli di trasformarsi in una moneta, che gli consentisse un’ultima bevuta prima di consegnargli la sua anima: con la sua astuzia, egli riuscì ad ottenere altri 10 anni di vita, al termine dei quali, però, il Signore delle Tenebre si ripresentò; ma, con un ulteriore stratagemma, Jack riuscì nuovamente ad evitare l’Inferno! Tuttavia, essendo stato in vita un grande peccatore, non gli fu permesso di entrare neanche in Paradiso, e così la sua anima fu costretta a vagare nel mondo dei vivi, scaldandosi e illuminandosi la via con un tizzone ardente lanciatogli dal Diavolo per scacciarlo dall’Inferno. La zucca-lanterna posta fuori dalle soglie delle case gli indicherebbe che lì non c’è posto per lui…

Simili usanze, concernenti il legame tra il mondo dei vivi e quello dei morti, in cui s’intrecciano antichi elementi pagani e cristiani, si riscontrano anche in varie zone d’Italia, e sono spesso caratterizzate dalla preparazione dei cosiddetti “Dolci dell’Anima”: le “fave dolci” o, appunto, “fave dei morti”, in Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, e Umbria; le “ossa di morto”, sorta di biscotti oblunghi con questa forma, e poi la “puppacena” e la “martorana” in Sicilia; “o’ morticiello” a Napoli, goloso torrone glassato con cioccolato; “i papassinos”, dolcetti di pastafrolla con uva passa, mandorle, noci e spezie, che i ragazzini mascherati richiedono di casa in casa in Sardegna, esclamando: “sòe su mortu mortu!”…

Insomma, nonostante oggi molte sue manifestazioni “scadano” nel commerciale, la permanenza in molti luoghi di tradizioni antiche legate a questa festa rivela, forse, il bisogno ancestrale e comune di noi esseri umani di ricordare i nostri cari scomparsi dalla vita terrena, nonché di esorcizzare la morte stessa, potendoli magari incontrare nuovamente su questa terra almeno una volta all’anno, e cioè in questa magica notte, in cui è permesso attraversare quel velo sottile.

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Vittoria Montemezzo  

Sono nata nel 1977, ho un diploma di liceo linguistico, mi piacciono i bambini, la natura, la storia e le culture antiche…e l’essere umano in generale. Dal 2015 sono insieme ad un compagno disabile in sedia a rotelle.

Natale con i tuoi Pasqua con chi vuoi così recitava un antico detto popolare. Purtroppo non è più così da un po’ di tempo.

Per mesi abbiamo sperato di poterci spostare e siamo arrivati all’inizio della primavera in cui è normale andare incontro alle giornate di sole.

Purtroppo la pandemia non ci abbandona ma non ci abbandonano neanche le misure restrittive che non sappiamo se servano veramente a contenerla.

Resta il fatto che nel gestire le persone non c’è soltanto la componente sanitaria ma bisogna utilizzare anche la psicologia è la capacità di capire le esigenze della gente e trovare una mediazione tra restrizioni è vita di tutti i giorni.

Sto parlando di alcuni settori del mondo del lavoro che sono ormai bloccati senza speranza, stiamo parlando della scuola e della crescita dei nostri ragazzi che dopo oltre un anno di chiusura per covid incominciano a risentirne  psicologicamente e a porsi dei quesiti sul futuro.

Non è possibile comprimere in continuazione qualcosa senza dargli una valvola di sfogo prima o poi esploderà.

Ed è questa la situazione in cui non ci troviamo. Però i nostri politici e amministratori sembrano non voler capire ,

girano la testa dall’altra parte, chiamano a consulto grandi virologi, pensano che un generale incarni la buona organizzazione.

Ma non si preoccupano di scendere con i piedi per terra e capire che la gente ha bisogno di regole intelligenti, pratiche che tutelino la salute ma permettano anche di continuare a vivere.

Per noi che ci occupiamo di persone disabili è normale fare un compromesso tra la salute fisica della persona ma anche con la praticità della vita.

Cosa serve infatti un corpo in salute se non possiamo utilizzarlo, se non possiamo esprimerci se non possiamo relazionarci con gli altri?

A voi l’ardua risposta ….. ma fate in fretta!

Claudio Fontana – Concrete Onlus

Dicembre é finalmente arrivato!
Uno dei mesi più attesi dell’anno, soprattutto dai più piccolini.
Questo é l’ultimo, il dodicesimo mese, quello che nonostante il suo freddo, ci fa sognare con la sua atmosfera magica: le luci, le canzoni natalizie, i regali, i cenoni , i propositi per l’anno che segue…
L’ aria che si respira nelle nostre città nel periodo natalizio, ha un potere così grande da riuscire a scaldare tutti e a non far sentire nessuno solo, tuttavia, é soltanto una condizione apparente, perché ha allo stesso tempo la capacità di far scaturire molte riflessioni ed emozioni, ad esempio la malinconia, per la mancanza di qualcuno caro o la gratitudine di poter condividere questi momenti con le persone amate: la famiglia.

La famiglia, proprio questa, é un’ entità essenziale per la vita di ogni essere umano,  però non tutti hanno la possibilità di averla per varie ragioni ,oppure, ancora peggio, sono stati allontanati da essa.
La solitudine é uno degli aspetti contrastanti di queste festività, che affligge molti individui, di conseguenza, a Roma, nel 2012, Maria Simona Bellini, mamma di una ragazza con una grave patologia rara e animatrice di diversi gruppi di famiglie su Facebook, ha dato vita a “Il Nostro Natale”, una iniziativa che permette alle famiglie con disabili di poter trascorrere la Viglia di Natale, Santo Stefano e il Capodanno, tutti insieme, divisi in gruppi, a seconda della città e la quantità di adesioni.


Tutto é iniziato, quando un giorno, scambiandosi i regali con altri genitori di bambini disabili, la signora Bellini, si é resa conto che sarebbero stati tutti soli durante il Natale, perché a causa delle condizioni dei propri ragazzi, sono stati allontanati dalle famiglie, che non riescono a tollerare e comprendere i deficit dei loro figli.
L’iniziativa é stata accolta con grande  successo: é riuscita a stravolgere gli animi e la giornata di 20 famiglie che volevano semplicemente sentirsi liberi, compresi e accolti.
L’ organizzazione nel tempo é riuscita a coinvolgere sempre più famiglie, dal nord al sud di tutto lo stivale.

È sempre incoraggiante sapere che ci può essere la soluzione ad ogni problema e come ci ricorda la canzone Bianco Natal:

spera anche tu,
è Natale non soffrire più.

Buon Dicembre, buone feste e soprattutto buona compagnia!!!

– articolo a cura di Lavinia Fontana