In quarant’anni di attività con le persone disabili, migliaia sono gli individui con i quali ho avuto a che fare. Disabilità e personalità differenti, con capacità e attitudini le più diverse, ma tutte con delle aspirazioni che volevano essere realizzate.

Anche le famiglie da cui provenivano queste persone sono state molto variegate, con coscienza e aspettative verso i propri figli a volte esagerate, a volte troppo riduttive nel valutare le possibilità di successo.
Nella maggior parte dei casi famiglie che, nonostante le difficoltà oggettive che una disabilità comporta, a volte aggravate dalle ristrettezze economiche, comunque progettavano il futuro dei loro figli e, per quanto possibile, li coinvolgevano in questa operazione.

Mi è capitato però, talvolta, di imbattermi in famiglie che per iperprotezione, senso di colpa ( ma di quale colpa stiamo parlando?), vergogna (ma di che cosa?) hanno negato ai lor figli, perchè disabili, la possibilità di avere, o almeno tentare, una vita piena come tutti gli altri, che significa amicizie, scuola, lavoro, amori, una nuova famiglia propria.
Famiglie soprattutto di estrazione medio-alta, con buone condizioni economiche, che finchè relativamente giovani hanno pensato di potersi sostituire in tutto e per tutto “agli altri”, che hanno tenuto i figli “separati dal mondo”.

Famiglie che, con il passare del tempo non hanno più avuto la forza e la voglia di accudire in maniera totale i propri figli; figli che con il passare del tempo si sono resi conto, impotenti, di quanto la vita fosse passata senza che loro avessero potuto realizzarsi.
In questo panorama che si ripete sempre, a noi che siamo operatori esperti, motivati e preparati su questo tema, il compito di intervenire, appoggiare, stimolare con il dovuto garbo ma anche con forza ed energia, affinche dall’inizo alla fine della sua vita, ognuno possa dire di aver soddisfatto questo DIRITTO AD UNA VITA PIENA … o almeno di averci provato.

Articolo a cura di Claudio Fontana

Quando ho iniziato a giocare a pallavolo in carrozzina non avevo una carrozzina super leggera come i miei compagni, ma una “leggera”, se così si poteva definire, dato che ogni volta che volevo andare in giro mi trovavo a dover rompere le scatole a qualcuno, perché da sola era ingestibile tirarla giù dalla macchina.

Purtroppo, la mia ex fisiatra non mi ha mai prescritto l’uso della carrozzina super leggera, ma solo di quella leggera, perché cammino (i grandi misteri della vita), e questo mi portava disagio e difficoltà nei movimenti.

L’anno scorso ho cominciato a giocare a pallavolo in carrozzina con Volley a 4 Ruote, ma mi sono trovata inizialmente in maggiore difficoltà rispetto ai miei compagni di squadra, perché, oltre a non essere abituata a muovermi da sola in carrozzina, la mia era anche più pesante rispetto a quelle sportive e super leggere dei miei compagni.

Volley a 4 Ruote! Ve lo ricordate? Ve ne abbiamo parlato qui!

Parlandone con una delle mie compagne, in particolare la mia migliore amica mi è venuta incontro regalandomi la sua, perché le doveva arrivare quella nuova e al posto di buttarla (dato che era ancora in buono stato) ha preferito cederla a me.

Il passo successivo è stato quello di farmi conoscere la sua fisiatra e, dopo varie pratiche burocratiche e la scelta dei vari materiali e del colore, ecco che finalmente pure io ho la mia carrozzina super leggera!

Beh, che dire, la mia vita quotidiana è cambiata: sono molto più attiva da quando ho la mia super leggera e mi sono già ribaltata una volta… anzi due! Ma fa parte del pacchetto!

Un mio compagno di squadra mi ha insegnato che se la carrozzina non la uso tutti i giorni le ruote gonfiabili tendono a sgonfiarsi. Quindi cerco di usarla con costanza e faccio attenzione alla manutenzione.

Articolo a cura di Maria Rosa Stassi

Vi riportiamo un articolo scritto dal Dottor Lorenzo Edera ed originariamente pubblicato sul Sole 24 Ore del 18 luglio 2017.

L’argomento è sicuramente delicato, ma può servire ad aprire ed abbattere ulteriori muri , che costringono la persona con disabilità in ambiti ancora poco esplorati e ancora con luci ed ombre.

Esperienze analoghe sono state fatte e realizzate in Regione Emilia Romagna.

Cè un’originale proposta di legge in Regione Lombardia.

A proporla sono i consiglieri del Movimento 5 Stelle. Il titolo è «Sperimentazione regionale per l’assistenza emotiva, affettiva e sessuale per persone disabili o con patologie invalidanti».

L’obiettivo sarebbe quello – come si legge nel testo proposto e depositato in Consiglio regionale – di garantire loro attività sessuale, in nome del «rispetto» e della «educazione».

Il documento spiega meglio che non si tratta di semplice assistenza sessuale, in quanto potrebbe risultare «riduttivo», ma di «assistenza all’emotività, all’affettività, alla corporeità e alla sessualità».

Il testo

L’ipotesi è che a aiutare questo percorso sessuale per disabili siano veri e propri assistenti sessuali: «un operatore professionale con orientamento bisessuale, eterosessuale o omosessuale che deve avere delle caratteristiche psicofisiche e sessuali “sane” (importanza di una selezione accurata degli aspiranti assistenti sessuali)….Questo operatore, formato da un punto di vista teorico e psicocorporeo sui temi della sessualità, permette di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale. Gli incontri si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico… fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell’esperienza orgasmica».

Medically retired Coast Guard Lt. Sancho Johnson takes a break from training so that he can spend time with his wife, Shundra, during the Navy Trials in Ventura, Calif., May 29. Johnson will be competing in the seated shot put and discus and hand cycling. (Department of Defense photo by EJ Hersom)

Il nuovo operatore e l’albo

L’operatore si chiamerà «operatore del benessere sessuale». Per la formazione ci sarà bisogno di un corso specializzato e sarà «costituito presso l’assessorato competente della Regione un apposito registro dove iscrivere gli Oeas (operatori all’emotività, affettività e sessualità per persone con disabilità o patologie invalidanti».

I corsi (da almeno 200 ore) saranno gestiti da onlus, i costi saranno a carico dei partecipanti; la Regione Lombardia contribuirà con un rimborso stabilito.

I requisiti

Tra i requisiti richiesti ci sono l’idoneità psicofisica e titoli qualificanti in professioni preferibilmente sanitarie e sociologico-assistenziali. Ma anche «avere una situazione socio economica che consenta loro una vita civile anche senza i compensi derivanti da questa attività» e la garanzia di «riservatezza sulla attività come segreto professionale nei confronti di terzi; alla stessa riservatezza saranno tenuti i partner preventivamente informati».

Sarebbe anche prevista una sperimentazione triennale, per cui verrebbero stanziati 100mila euro all’anno.

Così è scritto nella proposta di legge n. 357 di iniziativa consiliare, firmata dai consiglieri Macchi, Buffagni, Carcano, Casalino, Corbetta, Fiasconaro, Maccabiani, Nanni e Violi, già trasmessa alle commissioni consiliari competenti dal presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo.

Articolo a cura di Lorenzo Edera

L’atrofia muscolare spinale, più comunemente conosciuta con la sigla SMA, acronimo della versione inglese Spinal Muscolar Atrophy, è una malattia genetica neuromuscolare che coinvolge i motoneuroni, cellule nervose molto importanti da cui partono i nervi diretti ai muscoli e che trasmettono i segnali motori. La SMA colpisce circa 1 neonato ogni 10.000 e costituisce la più comune causa genetica di morte infantile.

Per far luce sui nuovi sviluppi della ricerca scientifica, per scoprire le tecniche fisioterapiche relative alla SMA e per avventurarsi nel modo delle attrezzature di ausilio alla SMA vi invitiamo a partecipare in data Sabato 17 novembre 2018, presso l’Hotel Cosmopolitan di Bologna al XVII Convegno nazionale ASAMSI dal titolo “SMA: tra nuove conquiste scientifiche e la certezza dei propri diritti”.

Cosa si può fare con l’otto per mille?

Molte cose, anche finanziare dei progetti destinati ai disabili. Ed è prprio questo che e successo a noi, presentando un paio di progetti all’UCEBI (Unione delle Chiese Evangeliche Battiste Italiane). Ce ne hanno approvato uno denominato “MOBILITA’ POSSIBILE”, atto a favorire lo spostamento delle persone disabili.

Il progetto

In pratica sono stati finanziati alcune centinaia di voucher (del valore nominale di 15 € ciascuno) che le persone disabili possono richiedere per brevi spostamenti in città o anche, utilizzandone più di uno, per raggiungere località di villeggiatura, per fare sport o attività del tempo libero.

La nostra cooperativa, che ha tra i suoi servizi anche quello del trasporto di tutte le persone, con mezzi tutti attrezati per il trasporto delle persone disabili, oltrechè erogare i voucher gratuitamente grazie a questo progetto, fornisce direttamente il trasporto.

In questi primi due mesi dalla partenza del progetto Mobilità Possibile, già una quarantina di persone ne hanno beneficiato, con singole corse o con escursioni in località limitrofe a Milano.

Ringraziamo ancora l’UCEBI, che ha voluto dare fiducia alla nostra organizzazione per un  progetto che pensiamo possa essere cofermato anche l’anno prossimo, noi speriamo, su più larga scala.

Articolo a cura di Claudio Fontana